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28 dicembre 2011 3 28 /12 /dicembre /2011 14:51

CAPITOLO III

 

A spasso con la Paura

 

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Un tenero e indifeso topolino dallo sguardo svelto e vispo (A Spasso col Mostro di Julia Donaldson) ci conduce in un bosco buio e frondoso. Ci mostra un percorso, dove si ritroverà ad affrontare una serie di animali, che già se lo figurano, come un buon bocconcino.

Sotto lo sguardo incerto del picchio rosso, il topolino si appresta al lungo percorso, che lo vede allegro e gioioso.

Primo fra tutti, sarà l’incontro con l’astuta volpe, che lo accoglie premurosamente.

Ciao topo, lo sai, la foresta è insidiosa … dai vieni da me che ti offro qualcosa!

Sei molto gentile, ma dico di no: mi vedo per cena con il Gruffalò.

E chi sarà mai?

Ma come, davvero tu non lo sai?

Ha zanne tremende e artigli affilati e denti da mostro di bava bagnati.

Facendo sapere quasi per caso alla volpe, che il Gruffalò,

a cena divora volpe impanata e lo incontrerà proprio lì accanto alla roccia dall’acqua lisciata.

E così, la volpe sparì senza farsi pregare.

Che volpe sciocca, pensate un po’: crede che esista il Gruffalò!

Il secondo imprevedibile incontro, avviene con la lungimirante civetta, che avvicinandosi pensa:

Ma che dolce spuntino! E senza indugiare si fece vicino. Ciao topo, di un po’, stasera sei solo? Ti va una cenetta ….. da prendere al volo?

Anche stavolta il topolino rifiuta, adducendo la scusa di un precedente impegno col Gruffalò.

E chi sarà mai?

Ma come, davvero tu non lo sai?Ha, ginocchia nodose e terribili unghione e un bitorzolo verde in cima al nasone. Lo incontro qui in riva al fiume …. Ah …. E mangia civette con tutte le piume!

E la civetta, spaventata da quella orribile prospettiva, volò via veloce, ignorando che il Gruffalò fosse solo una sua sciocca invenzione.

Proseguendo nel bosco, tutto contento, felice e gioioso, fu tempo del viscido e strisciante serpente, che subito pensò fra sé e sé

Ma guarda quel topo … che cenetta!

Ehi, topo, che fai solo nella foresta? Dai vieni da me, che facciamo una festa!

Sei molto gentile ma dico di no. Mi incontro per cena con il Gruffalò.

E chi sarà mai?

Ma come, davvero tu non lo sai? Ha occhi arancioni e lingua molliccia …… e aculei violacei sulla pelliccia.

Lo incontro qui in riva al laghetto. Ah! E adora i serpenti cotti al funghetto.

Serpenti al funghetto? Per dindirindina!

Così anche il serpente, ignaro della bella menzogna, spaventato dalla possibile triste sorte per l’incontro con un essere tanto agghiacciante, strisciò lontano.

E il topolino se la cava alla grande, superando i suoi predatori in astuzia, lungimiranza e raggiro. Tutto tranquillo e soddisfatto se ne va per la sua strada, ormai certo di aver scampato la brutta sorte.

Ma, quando meno se lo aspetta,

si ritrova davanti un tipo un po’ strano con zanne tremende e artigli affilati e denti da mostro di bava bagnati, ginocchia nodose e terribili unghione e un bitorzolo verde in cima al nasone! E occhi arancioni e lingua molliccia …… e aculei violacei sulla pelliccia.

Aiuto aiuto, si salvi chi può! Ma allora esiste il Gruffalò!

Vi potete immaginare l’angosciante sorpresa.

Per di più, il Gruffalò, più degli altri, si appresta a mangiarlo.

Dopo il primo sgomento, dopo essersi sentito perso, il nostro piccolo amico gli racconta che anche se non sembra, lui è la creatura di cui tutti quanti lì hanno paura e lo sfida ad andare a verificare di persona. Il mostro accetta e partono insieme all’avventura.

E così, questa volta sotto lo sguardo timoroso dello scoiattolo, il topolino compie il percorso inverso con il mostro, incontrando gli animali appena conosciuti, dall’ultimo al primo: il serpente, la civetta, la volpe.

Tutti loro, vedendolo insieme al Gruffalò, realizzano che quel mostro tremendo esiste davvero e non è solo un trucco di sua invenzione, per cui ancor più di prima, fuggono via veloci, nella loro tana.

Alla fine, il Gruffalò sconcertato, non capendo il raggiro, si convince che quegli animali hanno proprio paura di quel topolino apparentemente innocuo.

Ma è stupefacente!

Non sono uno che mente! Lo vedi da te! Qui attorno han tutti paura di me.

Ma ora mi sa che ho una gran fame ….

Che voglia di Gruffalò col Salame!

Gruffalò hai detto? Ehm, scusa, ho un impegno .. E via scappò il mostro, senza ritegno.

E così che il nostro topolino, beato e felice, gustando la sua ghianda, siede fra foglie, fiori e aghi di pino, con farfalle ed insetti liberi di andare:

che bella giornata, com’è dolce la vita!

 

Questo nostro amico ed il suo viaggio, ci mostrano una condizione umana imprescindibile: la Paura!

La paura di essere piccoli e indifesi, proprio nel momento in cui si deve attraversare il bosco, un mondo pieno di pericoli, insidie, belve pronte a sbranarti! Esattamente ciò che viviamo, quando ci sentiamo ormai grandi e ci svincoliamo finalmente dai nostri genitori, per sperimentarci nel mondo e poi ….. ci ritroviamo piccini di fronte alla vita e alle mille cose sconosciute.

Nonostante la paura immensa ed un mondo ignoto, molto più grande di te caro piccolo esserino, con astuzia e arguzia impensabili, riesci a superare gli ostacoli. Sicuro di te, inventi, improvvisi, raggiri, proietti un tuo proprio fantasma, un mostro tremendo, che allontana gli animali e le loro cattive intenzioni.

Ma da dove te la sei inventata? Da dove l’hai tirata fuori? Come hai fatto, tu così piccolo e indifeso, a diventare più grande e forte di un gigante?

E’ proprio vero, che i piccini vivono in un mondo tutto loro, pieno di sorprese e ricchezze inattese, che sanno tirar fuori dal cilindro il coniglietto magico, tutto arzillo e morbido!

Non potremmo mai finire di stupirci. Meraviglioso!

E ….. terminato il percorso, quando sembri aver ormai superato gli ostacoli, quando il percorso appare ormai liscio, la giornata limpida e bella, inaspettatamente sopraggiunge l’impedimento più grande, l’inatteso, la tua proiezione si materializza, ciò che temevi più al mondo esiste davvero, non è solo una tua invenzione.

Il mostro esiste! Eccolo lì, in tutto il suo orrore.

Allora sì, c’è da tremare! Che spavento, disorientamento, terrore. Facevi bene ad avere paura, a trattenerti, ad essere timorato di dio, il Gruffalò c’è ed è lì di fronte a te, ha fame e ti vuol mangiare col pane.

Ed è esattamente come te lo immaginavi, con quelle ginocchia nodose, con quegli artigli affilati, gli occhi arancioni dalla cattiveria, la lingua penzoloni, salivante dal desiderio di mangiarti e tutti quegli aculei violacei assurdi sulla pelliccia.

E’ tremendo! Che mostruosità! E’ brutto! Che paura! Panico! Ma com’è possibile, tutto questo?

Ora sei proprio in un bel guaio! Un guaio serio, serio. Che orrore, che terrore, stavolta non c’è uscita! Come si fa? Da che parte si va? Ora chi viene a salvarti?

In fin dei conti ti sta bene, chi credi di essere? Stupido! Chi pensavi di essere, per poter sfidare tutti quanti, per credere di attraversare il bosco tranquillamente? Come potevi anche solo pensare, di poter fare di testa tua?

Tu sei piccolo, sciocco e insignificante. Non l’avevi ancora capito? Non ascolti mai, fai sempre di testa tua! Ti sei montato la testa e ora guarda lì. Ma come pensavi di cavartela, da solo? Lo vedi? Lo vedi in che guaio ti sei cacciato?

Ti sta bene. Sì, ti sta proprio bene, ora vedrai! Così, impari davvero stavolta!

Che insolente, presuntuoso! Piccolo, insignificante marmocchio!

Questa volta, aiuto davvero! Voglio vedere, da dove lo tiri fuori il coniglio stavolta!

E … oplà, dopo il primo momento di panico, di smarrimento, giocosamente e gioiosamente, ancora ci hai stupito, ci hai fatto ricredere anche stavolta. Ancora, hai tirato fuori da quel cilindro dei magnifici trucchi. Che stupore! Che magia!

Hai applicato lo stesso bello scherzo, anche al mostro. Utilizzando i semi della paura, sparsi argutamente al cospetto degli animali incontrati nel bosco, ne sei uscito.

E’ incredibile, quanto ingegno!

Hai utilizzato la proiezione delle paure degli animali, per far fuggire la tua paura, quel mostro incarnato.

E’ un gioco di spavento! Del resto ai bambini come te, spesso piace giocare con la paura, spaventare e spaventarsi.

E’ un gioco di incontro e scontro fra colossi. Alla fine vince chi, nonostante il terrore, sta lì fermo senza indietreggiare. Alla fine tutti hanno creduto a ciò che tu piccolo topolino vuoi far credere, alimentando i loro timori di essere a loro volta divorati.

Tutti questi esseri, non s’incontrano proprio! Si relazionano unicamente in base alle rispettive proiezioni che il topolino svela, alimentandole a proprio favore.

Tu caro topolino, sei riuscito a oltrepassare il bosco da una parte all’altra, per ben due volte, nelle due direzioni opposte, hai mostrato fiducia in te e l’hai messa a frutto, elaborando delle strategie ingegnose, utilizzando come risorsa la tua stessa paura.

Hai vinto, a discapito di tutte le raccomandazioni, le indicazioni, i suggerimenti, gli ammonimenti ricevuti. Tu piccolo, senza senno, senza arte né parte, ribelle marmocchio, inutile zecca della società, tu avevi una gran forza, ce l’hai fatta, avevi ragione. Non ti sei piegato e hai mostrato di meritarlo. Tu sei!

Questa è la tua risorsa. Questa è la tua e la nostra grande risorsa!

Affrontare la nostra paura e andare a spasso con essa, come se fosse la nostra migliore amica, trattare la fragilità con delicatezza e rispetto. Nel momento in cui viene conosciuta e compresa, diventa la nostra forza, l’arma segreta, che elimina gli ostacoli non con violenza, ma con gioco e spavalderia.

Come una giocoleria, una maginetteria, con una leggerezza incredibilmente aerea, quasi insostenibile, hai abilmente affrontato la vita, vincendo su essa.

Nel nostro scrigno vi sono tante paure, sono naturali e sane. La paura è protettiva, emerge proprio in risposta a dei pericoli e ci prepara ad attaccare o fuggire. Ci allerta, rendendoci vigili e pronti ad escogitare i giusti rimedi.

Per di più noi adulti, nel nostro ambiente così culturalizzato, abbiamo creato una serie infinita di supposti pericoli, non tanto per la vita, quanto per la psiche propria e altrui, rischi per il senso di continuità del sé, della personalità, delle relazioni. Sono emerse paure sottilmente invisibili e misteriose, nascoste nel fondo del fondo di noi. Un vero mistero, un vero rompicapo!

Non di meno, queste nuove prove, questi invisibili ostacoli, ci forniscono anche punti di svolta per la propria crescita. Sono bivi e sono passaggi, scalini per la propria vita. Si può rimanere fermi, si può scendere o si può salire. Con prospettive e risultati ben diversi, per ciascuna possibilità.

Di sicuro noi non dobbiamo attraversare il bosco o la savana, piena di fiere o ambienti sconnessi, ma dobbiamo affrontare la realizzazione di noi e delle nostre capacità, cognitive, emotive, prassiche, in un ambiente assai competitivo, richiedente, necessitante, artificiale.

Ci scontriamo continuamente con l’immagine di noi stessi, nostra e degli altri, con le aspettative, con le fantasie, i desideri, le proiezioni, le ombre, le ombre nascoste nel buio delle nostre spalle. Un’infinita serie di psicobelve, pronte a sbranarci, impedendoci di vivere.

Ma, mentre gli animali in natura non possono vivere se malati, difettosi, privi di autonomia, l’uomo può farlo. Noi possiamo sopravvivere e vivere anche se malati, in difficoltà, fragili, soli, spaventati!

Gli animali devono andare avanti, pena la vita. Noi possiamo anche fermarci su quello scalino o addirittura scendere di qualche metro! Nessuno ci sbranerà, non perderemo il dominio sul territorio.

Che differenza fa? La scalata è veramente lunga, faticosa, infinita! Impensabile arrivare in cima! L’importante è il percorso, in definitiva un po’ siamo saliti. E così, ci accontentiamo.

In questo intermezzo la paura nutre sé stessa, può diventare così grande e potente da farci arretrare sempre più, scendere, scendere e poi scendere ancora, fino a farci ritornare al punto di partenza. Tanta strada per nulla!

Una paura divorante a tal punto fino a farci nascondere, vergognare, umiliare, bloccare, impedendoci di vivere nelle nostre naturali disposizioni, privandoci della possibilità di arrivare in alto, lassù, in cima alla meta! Impedendoci di volare via, secondo i nostri più elevati desideri.

Perché no? Perché non dovremmo arrivarci? Chi l’ha detto? La vita non è una valle di lacrime! Noi, possiamo volare!

Allora, non possiamo che prendere per mano queste stesse paure, le nostre amiche, compagne di viaggio, che ci ricordano il peso e l’importanza dei nostri compiti, aiutandoci a calibrarle meglio, a non sminuirle e a prendere atto di noi stessi e delle nostre risorse.

Siamo topolini piccoli e un po’ indifesi, ma siamo anche abili giocolieri, capaci di utilizzare le nostre risorse, portando a spasso per il bosco un mostro, che sta dentro di noi, ancora prima che fuori.

La sua proiezione, la sua realizzazione diventerà il nostro tesoro, la trasformazione di un timore che anziché agirci, rendendoci passivi, ci sosterrà nella crescita e nella fiducia in noi.

L’astuta volpe, la lungimirante civetta, lo strisciante serpente, sono fuggiti nelle loro tane, mentre tu, coraggioso topolino pur essendo piccolo e senza armi, hai proseguito il tuo cammino, trovando in te, la forza per affrontare il te stesso nascosto, diventato materia!

Anziché fuggire dalle tue ombre terrificanti, le hai affrontate con astuzia, lungimiranza e manipolazione, esattamente come coloro che volevano mangiarti.

Permettimi mia cara piccina, mia tenera topolina, di tenerti a mio fianco e camminare lungo il sentiero della vita, l’uno accanto all’altro, come compagne inscindibili.

Mi rendo conto sai, che dall’alto della razionalità e dell’adultità, spesso ho creduto di esserti di gran lunga superiore, di sapere io come va il mondo, di dover guidare la carretta. Di sapere io e solo io, come affrontare il bosco buio e frondoso.

Non volevo ascoltare la tua voce, le tue grida, le tue paure nascoste nel buio, i tuoi timori, tanto meno le tue idee, le tue soluzioni. Non ti vedevo e non ti volevo vedere. Ti ho lasciata per tanto tempo, marcire sulla banchina di un porto, facendoti pressione perché non ti facessi venire strane idee in testa. Lasciandoti credere che avresti dovuto essere bella, alta, forte e gialla come il sole!

Frenando ogni tuo entusiasmo, facendoti credere che non valessi molto, che il tuo destino fosse quello e niente più, ti ho convinto di non poter chiedere, né osare oltre. Ti ho repressa, esattamente come una principessa (M. Graad), un giorno ti chiuse dentro un baule per tanto tanto tempo, fino a dimenticarsi di te!

Ora e solo ora mi rendo conto, comprendo di aver fatto tutto questo perché avevo paura di te, sì di te, piccola topolina. Mi spaventavi, perché tu sei piena di vitalità, di gioia, di domande, curiosità e continui a saltare, a muoverti, a parlare, a guardare, a capire con quei tuoi occhietti rumorosamente silenziosi. Traboccante di emozioni di ogni tipo: la paura del buio, degli sconosciuti, del fuoco, dei lampi, del temporale, del papà, della maestra, di Gesù, del tuo compagno preferito, della zia, degli animali feroci, delle vespe e …………….. la gioia per un sorriso inatteso, per uno sguardo d’intesa, per una carezza rubata, per un tenero bacetto, per una nuova amicizia, per un giocattolo tanto desiderato, per una frase imprevista ……….. la rabbia per essere stati dimenticati, calpestati, umiliati, depredati, derubati, maltrattati, picchiati ingiustamente, inascoltati, pressati, travolti ……….. la tristezza di un mondo immenso e inaffrontabile, di uno sguardo triste, di un momento incomprensibile, di un’assenza intollerabile, di un rifiuto predatorio, di una lacrima pressante …….

Tu che continuavi a saltarmi addosso, a chiedere baci e abbracci, a piangere e poi ancora piangere, a piagnucolare, a ridere così rumorosamente, ad urlare, a lamentarti a sorridere e a fissarmi, chiedere e poi chiedere ancora, aspettandoti mille cose. Tu con un bisogno immenso, mai colmabile, con un amore infinito. Tu!

Tu eri scomoda, incalzante, invadente, fastidiosa, ingombrante, coccolona, esigente, amabile, stancante, impegnativa. Tutto questo, mi spaventava a morte, mi rallentava, mi rendeva meno accettabile, meno lesta, meno efficace, deludente sostanzialmente.

Tutto questo mi faceva sentire incapace, non sapevo proprio da che parte prenderti! Non avevo risorse, mi sentivo terra bruciata.

Oltretutto, io dovevo fare le cose serie, dovevo portare avanti i progetti, gli impegni, la realizzazione di noi due. Io dovevo fare la grande, la dura, l’adulta, non potevo pensare a tutte queste sciocchezze. Gli altri non me lo perdonavano, non me lo permettevano! Io, non me lo permettevo!

Dunque ….. Non c’era spazio per te!

Ci sono mille preoccupazioni, mille impegni e cose da fare, non si può pensare alle piccolezze. Del resto, te l’ho detto tante volte di mettere la testa a posto, di ascoltarmi, di ubbidirmi, di venirmi dietro, ma tu niente, niente di niente, facevi sempre come ti pareva!

E dunque, non c’era spazio per te!

Dall’alto della mia forza, è stato semplice chiuderti lì, in quel piccolo mondo, in quella tana, fatta da piccole pareti, sotto terra, dove nessuno poteva vederti né sentirti, dove pensavo tu fossi finalmente ammaestrata a dovere, ridimensionata, ammansuetita.

E che diamine, del resto sono adulta ormai e non posso certo disperdermi in certe piccole cose, in questi infantilismi, in sentimentalismi inutili e sciocchi!

Ma anche stavolta, quando mi sentivo ormai sicura, nei confini noti di una banchina affacciata sul mare, fiera, soddisfatta dei risultati in divenire … eccoti lì …..  quando meno me lo aspettavo, sei rispuntata fuori, come un turbine, mi hai travolto!

La tua paura mi ha confusa, disorientata, bloccata. Le mie gambe tremavano, mi sono passati mille pensieri, mille impossibilità, impedimenti di ogni genere e sorta, fantasmi orribili. Questa volta ero io a voler fuggire dentro una tana e non farmi più vedere e non pensare neanche di muovere un passo in più, oltre quello consentito.

Ma che succede?

La tua paura mi ha scombinato, mi ha raggirato facendomi fuggire in preda all’orrore di un Gruffalò spaventoso!

Che mostro terribile, aiuto aiuto! Non c’è via d’uscita! Voglio solo nascondermi, più in fretta  e più lontano possibile! Devo salvarmi.

C’è voluto un po’, ma alla fine ho capito: non è la tua paura che mi ha travolta, raggirata, scombinata, indebolita, ma è la mia paura, la mia e solo mia paura, che parla attraverso di te!

Tu piccola, sei solo il tramite, tu sei così coraggiosa e onesta che non ti nascondi e non puoi che mostrarti per ciò che sei, per ciò che ti succede, per ciò che si  muove dentro di te!

Il Gruffalò esiste, è diventato un mostro reale ed io me ne sono fatta spaventare, come se potesse ingoiarmi. Non c’è riparo da lui, non si può sconfiggere né combattere. Lui, è già dentro di me.

Pensavo che relegandolo con te, attribuendolo a te mia piccola bambina, sarebbe scomparso! Ma non è stato così. Era un’illusione! Che sciocchezza!

Che sorpresa e che angoscia! Io c’ho creduto, volevo crederci perché è ciò che temevo. Per quanto mi muova spavalda nel mondo, in realtà ho una gran paura che le belve mi divorino, paura di non essere realmente capace di percorrere il bosco buio e frondoso.

Se ascolto veramente nel fondo di me, se guardo tutto quanto con onestà, so che non c’è porto sicuro, non c’è traguardo raggiunto, non ci sono certezze. Anzi, sento di avere una maschera, di essere fasulla, di mostrare solo una parte di me, lasciando indietro la parte più importante. Sono grande solo in apparenza, forte solo per metà, sapiente a piccole dosi, alla fine tremo come una foglia, come te bambina e più di te, piccolo topolino.

Era proprio a questo, che serviva nasconderti! Eri tu la piccola, quella incapace, indifesa, emotiva, quella sbagliata, che non piace agli altri, che deve mettere la testa a posto, deve ascoltare e mille cose ancora. Tu dovevi cambiare, tu piegarti ai doveri, alle raccomandazioni altrui!

Ma no, non è così! Tu non sei sbagliata! Tu non devi nasconderti, tu non devi mai vergognarti di te!

Sono io ad aver sbagliato. Io a dover capire, io a doverti ritrovare in quel baule, a permetterti di fare il giro del mondo nel vasto mare, a fidarmi del tuo fiuto nell’attraversare il bosco, io devo lasciarti libera di ridere, scherzare, piangere, urlare, ballare, cantare.

Io ti chiedo scusa piccola.

Alla fine, io che dovevo proteggerti e amarti come parte di me, ti ho fatto tutto ciò che ti hanno fatto gli altri e anche di più, rifiutandoti e ferendoti a morte! Ho fatto di te, un fiore che si è allungato fino allo spasmo, fino a ripiegare verso terra, a ritornare esattamente da dove era venuto! Ho voluto vederti come l’immagine del quadro e non come ciò che esattamente sei.

Non so se potrai mai perdonarmi, non so se riuscirai a ritrovare la tua dimensione, non so se riusciremo mai a sostenerci a vicenda, ma adesso so che io non posso fare a meno di te. Senza di te sono sola e abbandonata, una nullità, un sacco vuoto. Una maschera, appunto!

Perché so di essere senza consistenza, se tu non ci sei. Sono solo un personaggio esterno, senza valore, se tu non lo fai vivere, mettendo il tuo brio, la tua dolcezza, le tue speranze, la tua fiducia, la tua paura!

Perdonami, adesso che ti ho ritrovata, non ti lascio più!

Saremo le più grandi amiche, due compagne di viaggio inseparabili. Noi due insieme! Per la vita, con la vita, con amore.

Adesso sono pronta ad andare per il bosco, mia cara topolina!

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23 dicembre 2011 5 23 /12 /dicembre /2011 11:14

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I ottobre 1997  PARIS     da JODOROWSKY

 

 

I temi di cui parlo sono superiori a me, non sono un professore, cerco anch’io di imparare insieme a voi. A limite sono un attore che cerca di arrivare al teatro sacro....

Oggi si parla della CERTEZZA, in qualsiasi azione, ci deve essere una CERTEZZA. Se non si vive la CERTEZZA, l’anima non funziona. In un mondo dove tutto è relativo, c’è bisogno di agire in base alla CERTEZZA interiore. La CERTEZZA che viene dal Cuore.

Noi siamo Cervello - Cuore - Sesso - Corpo, l’ Intelletto, l’Emozionale, il Sesso e i suoi desideri, il Corpo e i suoi bisogni. Queste 4  personalita’ che porto dentro di me hanno delle richieste; alla richiesta di essere, il bisogno di essere me stesso, si comincia da piccoli coll’imitare i genitori, gli insegnanti etc.

Il solo modo di realizzarsi nella vita è voler essere se stessi, scoprire se stessi.

Nei Paesi totalitari se si cerca di essere se stessi si è uccisi, il pensiero personale è vietato. Siccome la democrazia è la maschera della tirannia, neppure nella democrazia puoi pensare come vuoi, ti stressano, ti chiudono la bocca mettendoti sulla strada economicamente. In questo mondo è veramente difficile essere se stessi.

Bodhi Dharma ha lavorato su se stesso per trovarsi, ha eliminato tutte le influenze esterne ed è arrivato a se stesso e alla domanda “Chi sono io ?” si è risposto: UN MISTERO TOTALE !  Io non posso conoscermi, non posso definirmi, se mi conosco mi annichilisco.

Non occorre conoscersi, è sufficiente la CERTEZZA che questo nostro mistero è una vera meraviglia. Non bisogna imparare ad essere, ma semplicemente a percepirsi e non a definirsi. Quando un filosofo arriva a definirsi, si chiude nella sua struttura e poi si suicida. Definirsi nell’essere non serve.

Quando si ha questa CERTEZZA di essere un meraviglioso mistero, si comincia a cercare i propri sentimenti. E si scopre che l’AMORE è ciò che conta.

Si è stati maltrattati, si ha collera, rancore .... Una volta che si supera tutto ciò si arriva al problema di amare : come amo ?

Imparo ad amare per imitazione, come ama la mamma, come ama il papà, amo come amano gli altri...Ma come amo? Amo come amo, il mio modo di amare cambia nel crescere, con l’esperienza, non è un problema, ognuno ha il diritto di amare come vuole. Importante è che il mio modo di amare non è uguale a quello degli altri, il mio come non è il come degli altri. Tutte le persone hanno un come differente, per amarsi bisogna accettare il come dell’altro, fare spazio per accettare il modo di amare dell’altro e vivere la Certezza che il mio come e il suo come sono buoni entrambi.

Quando due persone si trovano ad amarsi allo stesso modo è un vero miracolo!!! Non succede tutti i giorni.

L’Amore non è personale, il nostro Cuore è solo un canale e l’Amore è il tessuto dell’Universo. Noi siamo recettori d’amore e doniamo amore.

Non so come amo, ma ho la CERTEZZA che amo, a modo mio, accetto che sia così, ma non esigo che il come dell’altro sia uguale al mio. Non è giusto.

Ho diversi sguardi per guardare una persona, posso guardarlo con l’Intelletto, posso guardarlo col cuore, con la sfera sessuale (l’energia sessuale è una grande potenzialità energetica, la si può addirittura canalizzare in energia di guarigione)......

Il bello è guardare una persona, incontrare l’altro attraverso tutti questi tipi di sguardi così l’incontro non è limitato. E così si riesce ad amare l’altro con tutti i suoi terribili difetti, lo si accetta e lo si comprende per com’è.

Ma prima di tutto bisogna donarsi alla propria fiamma interiore, amare se stessi, accettare la qualità che rappresentiamo, avere la Certezza della propria qualità.

E’ essenziale donarsi a noi stessi, accettare come si è: un grande e meraviglioso mistero. Accettiamo tutti i tipi di desideri e tutti i tipi di sentimenti.

Ci sono persone che si limitano nei desideri perchè hanno paura.

Ci sono persone che arrivano a desiderare qualcosa che non corrisponde a ciò che si è abituati a desiderare e così arrivano i sensi di colpa.

Anche se non si riesce a soddisfarli, avere desideri è utile perchè è tutta energia che può essere canalizzata verso il Bene. Accettate ciò che succede all’interno di voi, non abbiate paura di voi stessi, non siate nemici di voi stessi, i desideri sono una grande energia per guarire. Rifiutarli, nasconderli porta alla malattia mentale, alla depressione, alla tristezza, a divenire dei criminali....

Accettate i desideri, utilizzateli per il bene degli altri con la certezza che si fa del bene, che qualsiasi desiderio è divino e non diabolico.

Devo avere la Certezza che voglio vivere come voglio vivere, che posso vivere come voglio vivere. La società può averti offerto delle dimensioni che non sono adatte a te.

Guarda dove vivi, come vivi, lo spazio che ti circonda, tutto ciò che ti circonda. E chiediti: “Sto vivendo ciò che voglio?”

Se vivo come voglio devo cercare di rendere migliore ancora di più la mia situazione.

So comunque che da qualche parte avete l’idea di non poter vivere come volete.

Ho un territorio mio, solo mio? O mi faccio invadere da tutti? Ho paura di avere un luogo tutto mio? Esamina cosa mangi perchè sei cosa mangi. La vita serve ad imparare a vivere. Se ti senti male crei l’inferno intorno a te, se ti senti bene crei il paradiso. E’ stupendo vivere la Gioia di sentirsi candidato alla Vita, alla Conoscenza, alla Verità. Vivi l’esperienza, se non fai non vivi, meglio sbagliare, dopo hai l’esperienza meravigliosa di aver sbagliato. Il cammino dell’amore deve condurmi a me stesso, devo imparare ad amarmi con tutto il mio potenziale, sono un mistero divino. Amando me, amo Dio. Attraverso me raggiungo il dio che è in me. Per mancanza di amore per se stessi cerchiamo la realizzazione fuori di noi. Quando ci si ama si è una fonte di dono, quando non ci si ama si è fonte di richieste e bisogni. Scoprendo l’amore per se stessi si arriva alla guarigione.

 

JODOROWSKY

 

 

 

Ho voluto farvi i miei auguri di Natale con questo brano di Jodorowsky, tradotto dalla collega e amica di un tempo Monica Rizzo. Traduzione di uno degli incontri del martedì parigino all’insegna della spontaneità e del teatro sacro.

La persona che ha assistito all’incontro e che lo ha tradotto, mi ha raccontato che la parola Certezza veniva pronunciata con una vera e totale certezza, quella parola ti faceva vibrare la pancia, perché era carica di tutta la forza che costituisce la certezza nella sua essenza, della stabilità, della fiducia in noi: è l’interezza di noi, l’unione della pancia con la testa, dell’istinto con la ragione, dell’inconscio con il conscio, questo è certezza!

Allora visto che a Natale si festeggia la nascita di un bambino, cosa c’è di meglio che festeggiare il nostro bambino, che rinasce ogni volta che noi sentiamo certezza, ogni volta che ci fidiamo del nostro intuito, di quella capacità di guardare con occhi incantati e ingenui, ma sapienti e luminosi di un essere che crede ancora al mondo.

Il mio augurio è che la certezza fiorisca ogni giorno della nostra vita, nelle nostre menti e faccia vibrare ogni parte di noi. Per far ciò istigo la danza dell’abbondanza e della generosità.

Non rimaniamo chiusi nel nostro piccolo mondo, nel nostro misero sistema di sopravvivenza, apriamo alla vita e  a noi.

Fra qualche giorno inizieranno le tavolate, i pranzi sontuosi, i doni, gli auguri ed i nostri frigo sono strapieni di cibi, le nostre case calde, accoglienti, colme di oggetti. Ma se passasse un “senza tetto” davanti la nostra porta, saremmo disposti ad accoglierlo, offrirgli un posto alla nostra tavola, farlo ristorare nel nostro bagno con acqua calda, dargli dei vestiti puliti? Saremo disposti?

Credo proprio di no. Saremo tutti spaventati da chissà cosa può succedere, chissà cosa può portarci via questa persona estranea e tanto diversa.

Ma anche fosse che ci privasse di qualcosa, perché offerto o portato via indebitamente, cosa mai ci potrà realmente portare via? Cosa di noi, viene meno con questi oggetti? La nostra certezza ha forse bisogno di cose materiali?

Direi di no! La certezza è qualcosa che sta nelle nostre viscere, nel nostro inconscio, nel pacchetto intero di ciò che siamo noi, non certo nelle cose esterne, a cui diamo troppo spesso un valore che non ha!

 

Avete bisogno di un’idea per un regalo?

Regalate un libretto di “10 buoni SI”. Regalatelo a chi vi circonda, chi lo riceverà avrà diritto a 10 SI incondizionati.

Ci state? Rifletteteci.

E’ molto più facile spendere soldi  e comprare un oggetto. Offrire dei sì incondizionati, costa assai di più, siamo così avari e ristretti da non offrire più veramente senza condizioni. E allora cosa diamo veramente di noi?

Coltiviamoci nelle nostre certezze e lasciamo andare le paure che ci impediscono di dire SI a noi stessi e agli altri.

Serene feste e tanti buoni SI!

 

                        Sabrina Costantini

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21 dicembre 2011 3 21 /12 /dicembre /2011 09:39

Ci incontriamo,

giocando?

 

imagesCAFIOUNN 

 

 

Laboratorio Intensivo

                                         Condotto da:

Dott. Sabrina Costantini

      Piergiorgio Deriu

Il laboratorio intensivo “Ci incontriamo, giocando?, si propone di sperimentare la propria condizione dal punto di vista corporeo, emotivo, energetico, comportamentale e relazionale, in un contesto impegnativo, di riflessione ma anche di leggerezza e gioco.

 

L’obiettivo principale della giornata consiste nel tentare di sbloccare le energie (cristallizzate nel corpo, nei pensieri e nello stato emotivo), inespresse da tempo.

Il lavoro si svolgerà in due momenti/sottobiettivi.

Il primo consiste in una sperimentazione attiva ed estremamente libera, istintuale e rinnovatrice del corpo e del movimento, in un clima di ricerca ma anche di puro divertimento. In questo caso si andranno a liberare le energie, agendo direttamente sul soma, sulla postura, sul movimento e sull’interazione corporea con l’altro.

Il secondo momento, incentrerà la propria attenzione sul Sabotatore Interno, che verrà stimolato, per essere osservato all’esterno. Questo tipo d’intervento va ad agire direttamente sui pensieri, sull’emozioni e sull’interazione cosciente con l’altro.

 

L’obiettivo complessivo dunque, punterà sull’individuazione dei freni che impediscono l’espressione di sé, a livello più libero e naturale possibile.

Questo laboratorio utilizzerà tecniche yoga, shiatsu, di bioenergetica, espressione e sperimentazione libera del movimento, role playing, esercizi a coppie, drammatizzazione, ma più di ogni altro assumerà come strumento base il gioco in tutte le sue sfaccettature e darà spazio ad un “clima di gioco”.

Il Gioco infatti, costituisce uno strumento fondamentale per la scoperta e la crescita di sé, in modo efficace, ma nello stesso tempo lieve e piacevole.

Ci auguriamo pertanto, che quanto esplorato nella giornata, possa rappresentare l’inizio di un modo nuovo di prendersi cura di sé e di presentarsi alla vita.

 

Il laboratorio si terrà il giorno 21/01/12, dalle ore 9.00 alle ore 18.00, presso l’associazione LiberaMente ….Corpo, in via Pacinotti, 33, Cascina.

Conduttori:

Dott. sa Sabrina Costantini:

Psicologa Psicoterapeuta

Cell. 349  83 03 854.

sabrina.costantini1@tin.it

sabrinacostantinipsicologia.over-blog.it

Piergiorgio Deriu:

Istruttore Operatore Shiatsu, istruttore Yoga, Personal Trainer.

Cell. 338 44 26 466

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19 dicembre 2011 1 19 /12 /dicembre /2011 10:19

CAPITOLO II

 

I Custodi dei Fiori

 Sabrina Costantini

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Un giorno un uomo e una donna decisero di coltivare un bel fiore. Posero il seme nella terra, lo innaffiarono con cura, pulirono bene il terreno intorno a lui e cominciarono pazientemente ad aspettare che crescesse. Ma era un fiore che aveva bisogno di tempi lunghi per poter nascere e di rinforzarsi bene al buio prima di poter venire alla luce.

“Come sarà?” si chiedevano nell’attesa l’uomo e la donna, impazienti. “Sarà alto, forte e giallo come il sole!” si dissero un giorno e da allora misero questa immagine in un bel quadro che appesero nel loro cuore e piano piano questa immagine diventò sempre più alta, sempre più forte, sempre più gialla, proprio come il sole.

E quando finalmente il fiore nacque, ecco che gli fu fatta una gran festa. “Com’è bello nascere e sentirsi così bene accolti!” si disse il fiore, pensando che questa fosse la condizione normale in cui vivere per tutta la vita.

Però, man mano che lui cresceva, l’uomo e la donna si accorsero che era un po’ diverso dall’immagine che avevano coltivato con cura nel loro cuore.

“Perché non è né così alto, né così forte, né così giallo come nel quadro che noi avevamo preparato con amore per lui? Forse non abbiamo fatto abbastanza e dobbiamo impegnarci di più!” e da allora, sentendosi in colpa, raddoppiarono le loro cure, che erano già tante, nella speranza che il fiore potesse assomigliare a quello del quadro appeso nel loro cuore.

“Perché non mi sento mai a posto?” si chiedeva da parte sua il fiore senza sapersi rispondere. “E’ come se sentissi sempre di essere sbagliato e di non essere mai come dovrei essere.”

Ma, essendo un grande osservatore come tutti i piccoli appena venuti al mondo, capì presto come stavano le cose.

“Forse non sono né abbastanza alto, né abbastanza forte e neanche abbastanza giallo come il sole e come il fiore del quadro che è nel cuore di quelli che si prendono cura di me” si disse. “Ma io non posso deluderli perché li amo molto e ho bisogno del loro amore, come loro hanno forse bisogno di questa immagine. Sono io che devo assolutamente cercare di essere come il fiore che hanno nel cuore, per farli contenti. Non posso tollerare che si sentano infelici per colpa mia!”

E così il nostro fiore ce la mise proprio tutta per cercare di essere alto, forte e giallo come il sole e come se l’aspettavano le persone che lui amava di più. Fece dunque degli sforzi enormi per crescere, cercò di rinforzarsi, continuò a prendere il sole anche quando non ne aveva voglia per cercare di catturarne i raggi e diventare così sempre più giallo.

Ma, con tutto questo sforzo, non gli rimasero più energie per curare le sue foglie, per rinforzare le sue radici, per fiorire nascosto fra l’erba, spandendo intorno il suo profumo, che era esattamente quello che avrebbe fatto spontaneamente nel crescere se si fosse sentito un po’ più libero dentro.

Un bel fiore di campo in un bel campo di fiori.

E così il suo stelo crebbe, ma via via si indebolì, il suo colore non fu più bianco, ma neanche giallo come il sole e il nostro fiore, nello sforzo di allungarsi, alla fine si piegò in due e reclinò il capo verso terra.

“Ecco,” si disse allora “adesso so finalmente chi sono. Sono un fallimento ed è tutta  colpa mia se non sono diventato né così alto, né così forte, né così giallo come desideravano quelli che mi vogliono bene. Sono solo un fiore che non vale proprio niente!” Dimenticandosi così anche lui che invece avrebbe potuto essere un bel fiore di campo in un bel campo di fiori.

Ma questo lui non poteva ancora saperlo perché non si era mai visto allo specchio ………

 

EPIOLOGO

 

“Come mai il nostro fiore ha reclinato il capo verso terra? Che cosa gli è successo? Allora significa che anche noi siamo un fallimento e non valiamo proprio niente, se  non sappiamo neanche curare il fiore che amiamo di più!” Si dissero spaventati l’uomo e la donna. Decisero così di andare a consultare la Vita, che era la più importante Custode di tutto, anche dei fiori, per chiederle aiuto.

“Forse l’immagine che voi avete nel quadro del cuore non è quella che corrisponde a lui” rispose lei dopo averli ascoltati bene. “Siete voi che dovete osservarlo meglio per capire quella che gli corrisponde di più, perché è sua e solo sua!”

L’uomo e la donna ci pensarono per giorni e giorni e poi presero la gran decisione: spostarono, anche se come molto dispiacere, dal centro della parete il quadro che era nella loro mente e nel loro cuore con il fiore alto, forte e giallo come il sole e lo appesero con cura nell’angolo dei ricordi di famiglia. Poi costruirono con le loro mani un buono specchio, che appesero al suo posto e che ogni giorno pulivano con attenzione perché riflettesse bene e fedelmente le immagini. E così il nostro fiore poté a poco a poco iniziare a specchiarsi nella loro mente e nel loro cuore e a vedersi anche lui.

All’inizio non si piaceva proprio, anzi si faceva quasi pena, così ridotto, con il capo un po’ reclinato verso terra. Poi, piano piano, cominciò a scoprire nella sua immagine riflessa anche la base sicura dove affondavano le buone radici che lui non sapeva di avere, le nuove foglie tenere che stavano spuntando, i boccioli che si preparavano a dischiudersi, come lui non si era mai neppure lontanamente immaginato. Ed ecco che un bel giorno vide infine la sua nuova immagine risplendente nello specchio: un bel fiore di campo in un bel campo di fiori. Né così alto, né così forte, né così  giallo, ma lui, proprio solo e soltanto lui, con il suo profumo, il suo colore, la sua altezza, la sua unicità al mondo insieme alla sua gioia di ondeggiare nel vento e di essere vivo, con le persone che amava di più al mondo.

L’uomo, la donna e il fiore si guardarono commossi e sorrisero felici.

 

I custodi dei Fiori (Alba Marcoli), ci descrive in modo semplice ed esemplare una realtà umana fondamentale, l’origine di tutti i nostri guai, il luogo di nascita del nostro copione.

E’ una storia di dolore. Una storia di grande amore e grande dolore e non risparmia nessuno!

I custodi amano troppo ed il loro eccessivo investimento crea una gabbia, una rete intrisa di aspettative, tristezze, delusioni, amarezze, frustrazione e grande dolore.

Il pensiero, fonda la nostra vita ancora prima che questa si dispieghi.

L’origine ci precede, si costruisce ancora prima della nostra nascita!

Prima ancora che il seme venga gettato amorevolmente sul terreno, i genitori progettando per lui, il miglior futuro possibile. Si immaginano che mettendoci tanto amore, impegno, sforzo, questo fiore non può essere che meraviglioso! Loro, l’hanno voluto tanto, ma proprio tanto e sanno assai chiaramente ciò che non vorranno mai fare, quello che non vogliono che lui subisca, non vogliono assolutamente essere come i propri genitori, non vorranno commettere gli errori subiti!

Ma proprio in tutto quest’investimento, in quest’attenzione, progettazione, in questo sforzo reiterato nasce il copione, ciò che loro pensano sia la cosa migliore, per lui. E da custodi del fiore, diventano i loro silenti aguzzini.

Certamente è l’ultima cosa che si immaginavano, l’ultima cosa che potevano desiderare. Anzi, non riescono neanche a pensarla una cosa del genere. Non esiste! Vogliono solo il meglio per lui! Voglio tutto l’amore che c’è!

Hanno annullato sé stessi, hanno rinunciato a tante cose per lui, l’hanno desiderato come e più di ogni altra cosa al mondo. Gli vogliono bene, ancora prima che nasca!

Cosa si può pensare ancora? Il loro obiettivo di vita, è farlo nascere, farlo crescere nella gioia, nell’amore, nell’equilibrio. Ancora di più, desiderano ardentemente evitargli i torti subiti dai propri genitori. Che altro, ci può essere?

Effettivamente, ci può essere altro? Sembrerebbe di no.

Però …… per darsi una risposta effettiva, sarebbe bene chiederlo proprio a lui, al fiore, al diretto interessato, al bersaglio di tanto amore, investimento, sforzo.

Tu, amato fiore, cosa desideri dalla vita? Di cosa hai bisogno? Cosa desideri dai tuoi genitori?

Ma avrai davvero, la possibilità di rispondere a questa domanda, a cuor leggero? Senti la libertà di poter trovare la tua risposta? E’ davvero così semplice, come sembra?

D’altro canto, tu caro fiore, che ami i tuoi custodi più di te stesso, non desideri altro che accontentarli, essere esattamente ciò che loro desiderano. Loro vogliono solo il meglio per te, non ci si può certo sputare sopra!

Come si può ignorare tutto ciò? Come si può ferirli?

In fin dei conti, si può anche venire meno ai propri desideri, poi … non sono così importanti! Loro sanno sicuramente meglio di te, cosa è bene!

Per il tuo grande amore, per l’ammirazione, la dedizione nei loro confronti e per tutto quell’affetto che loro mostrano per te, per tutte le loro fatiche, tu non puoi altro che rinunciare a ciò che sei senza pensarci troppe volte, mio piccolo fiore.

Tu, ti sforzi tanto, ma proprio tanto, per realizzare questo proposito, questo compromesso, ma niente di ciò che desiderano, niente di quanto stai cercando di fare, arriva a buon fine. Tutto lo sforzo, l’amore e la dedizione, non servono a molto.

E in questo sforzo continuo e prostrante, devi sentirti molto frustrato e amareggiato, incapace per ciò che non riesci ad essere, per ciò che sei, semplicemente per ciò che sei.

Per questo tentativo immane che non arriva mai a compimento, di essere qualcosa di diverso da quanto la tua natura prescrive, ti sfinisci senza posa. E come se questo non bastasse, tu caro fiore ti senti in colpa, infinitamente responsabile per il supposto dolore inflitto loro.

Sei cattivo, sei cattivo e fai loro del male! In più non sei proprio capace di fare nulla! Eppure loro fanno tanto per te. Ti hanno dato la vita e sprecano la loro per coltivarti, per darti quanto di meglio possa esserci. Sei incapace e ingrato, sì proprio ingrato!

Voi custodi da parte vostra, dovete sentirvi oltremodo impotenti e responsabili di quest’incurvatura, di questo ripiegamento su te stesso, verso terra, anziché verso il cielo. Vi chiedete ardentemente e costantemente, in cosa avete mancato. Eppure, c’avete messo tanto impegno e tanto tanto amore.

Com’è possibile? Come potete aver sbagliato? In cosa avete sbagliato? No, non è possibile, non è possibile!

Alla fine tutti sono confusi, tristi, doloranti, soli e incompresi.

La soluzione è lì, solo lì, davanti a voi, dentro di voi: avete fatto paradossalmente troppo, nel vostro infinito amore avete tentato di progettare un futuro bello e pieno per il vostro caro seme, per l’estensione del vostro sé, ma così facendo non l’avete visto, non gli avete fornito l’opportunità di essere esattamente ciò che è, né più né meno.

Alla fine, il troppo amore si trasforma nel suo opposto, nell’egoismo, in una morsa strangolante. E’ in primo piano il vostro desiderio, l’aspettativa, l’idea di lui, non ciò che sarà per proprio conto.

Non si prevede frustrazione e delusione, non ci può essere, non è contemplata. Voi non volete pensare che le vostre attese potrebbero essere dis-attese, non visualizzate l’ignoto davanti a voi.

E’ difficile lasciar andare, comprendere che vi spetta solo scegliete di seminare, poi ciò che succederà dopo è totalmente indipendente da voi!

L’amore e la cura sono necessari, ma non costituiscono base e prerequisito per disegnare il futuro, i colori, il profumo e l’andamento del vostro fiore. Che vostro, in realtà non è! Cari custodi, voi siete solo custodi, non proprietari! Dovete custodire con cura il seme, il semenzaio e provvedere alle sue necessità, fino a che ci sarà necessità, ma poi dovete lasciar andare ciò che sarà e non vi appartiene.

Cari custodi, quando con tanta convinzione e amore, dite “Tu dovrai essere meglio di me!” Avete segnato un destino! Lo avete imprigionato nella vostra vita, costretto a ripetere ciò che voi avete fatto: esattamente ciò che non desiderate. State fornendo voi stessi, come punto di riferimento e non se stesso!

Ed è un vero dramma, perché tutti saranno prepotentemente amareggiati, addolorati e delusi. Nessuno è sé stesso. Nessuno è felice! E nessuno sa perché.

Questa storia è così esplicativa, così chiara, lampante …… ma anche angosciante! C’è un incastro, da cui non si riesce ad uscire. Un fuoco che ti brucia dentro, fatto da mille colori: rabbia, tristezza, desolazione e dolore.

Ti illumina e nel momento dopo, ti toglie l’aria, ti solleva e ti soffoca con tanta angoscia. Scatena un dolore sordo ma profondo e antico, che non si sa come prendere, non si sa se mai passerà. Se ne potrebbe anche morire. Tutto perde di senso.

Non ci sono grosse mancanze, traumi, maltrattamenti, eppure si tratta di una realtà maltrattante e deprivante. Una realtà costante, che si ripete in ogni angolo di questo mondo.

Tu caro fiore, non vieni visto per ciò che sei, ma per ciò che narcisisticamente, abbiamo bisogno che tu sia! La cosa migliore, che possiamo pensare per te! Una splendida vetrina, che ben presto si trasformerà in una gabbia di vetri. Trasparente, assente in apparenza, lucida e luccicante, lascia vedere ed essere visti, ma non permette di andare, di fare, di far entrare, di essere. Crea una falsa libertà, l’illusione di un’infinita serie di possibilità.

Questa immagine, è ciò che noi crediamo sia la cosa migliore! Ma alla fine è solo un’incapacità di guardare te, bambino indifeso!

Guardiamo solo noi stessi. Contribuendo alla formazione di messaggi vagamente echeggianti “Non vai bene! Così, non vai bene!” “Non puoi fidarti di te!” “Fidati di noi, che sappiamo meglio di te, qual è la cosa migliore!”

E tu piccolo, hai bisogno dell’amore dei tuoi genitori, non puoi far a meno della loro vicinanza, del loro calore, del loro appoggio. Ami i tuoi genitori più di ogni altra cosa al mondo, più di te stesso ed il dolore tuo più grande è che loro soffrano a causa sua, questo ti annienterebbe. Preferiresti sparire, annullarti, pur di non essere la causa di tutto ciò.

Oltretutto, senti di non essere nulla e di non poter fare questo, proprio a loro che ti amano, senti profondamente e segretamente di non meritarlo, di non meritare tanto investimento. Tu non vuoi che si sacrifichino per te, che rimangano danneggiati.

Tu non conosci il tuo segreto, hai la verità dentro te, ma non la certezza di te. Penserai sicuramente che hanno ragione loro, sei tu a doverti piegare, tu devi cambiare, sei proprio tu che sbagli e nessun altro, non può essere che così. Pur ad un prezzo alto, pur con grande fatica, prostrazione, umiliazione e solitudine, cederai inesorabilmente te stesso.

Qua, si fonda la vera solitudine! Paradossalmente, cedi a tutti questi compromessi perché non vuoi e non puoi stare solo, ma ciò che otterrai è proprio questo: la più completa e profonda solitudine!

Ormai, non hai più neanche te stesso dalla tua parte! Ora sei veramente solo, solo, solo, solo!

Noi, siamo soli, soli, soli! Quel bambino, sta ancora lì dentro di noi, è la parte che irrazionalmente soffre e che si sente incompresa e abbandonata,  nonostante le mille persone, intorno a lui! Nonostante i mille impegni, le attività, le idee, i consigli, le parole. Solo solitudine.

Ma per fortuna, si può uscire anche da questo baratro depressivo.

L’epilogo di questa storia ci suggerisce la strada della comprensione, della risoluzione, del dispiegamento di sé: incominciare a guardarsi! Vedersi finalmente!

Sono gli stessi guardiani dei fiori, i genitori che cercano la soluzione e la trovano. Umilmente chiedono aiuto alla “Vita”, al fondo di sé, al proprio bambino, alla vitalità più autentica, che gli suggerisce semplicemente di guardare non ciò che hanno dentro, ma ciò che hanno davanti.

E così è, ripongono il quadro nei ricordi di famiglia, per costruire uno specchio, che aiuti il fiore a vedersi per ciò che è. E con lui, loro stessi lo vedono finalmente per la prima volta.

Certo, il fatto che questo processo nasca da loro, rende tutto più semplice, più pieno, amorevole e fa sentire meno soli. Sono loro che per primi, escono dal loro narcisismo, chiedendosi cosa possono fare, in che cosa possono aiutare il loro amato seme.

Quando le cose non vanno esattamente così, o quando nonostante questo, quadro e immagine reale si confondono ancora, si complica tutto. Il lavoro, parte da più lontano. Siamo noi in prima persona a doversi vedere, sta a noi costruirsi uno specchio per capire chi siamo! Siamo noi che dobbiamo ricorrere alla Vita, perché ci insegni la via.

E qualunque sia l’inizio, ciascuno di noi dovrà prendersi la responsabilità di sé stesso, per cominciare a guardare in quello specchio, per avere il coraggio di vedere ciò che si è e ciò che si pensava essere.

Dobbiamo dare la via al bambino, lasciarlo libero di essere. Nessuna costrizione, nessun ricatto, nessuna idea preconcetta, nessun progetto. Solo amore senza condizioni.

E qui sta il senso di questo libro.

Questo l’invito: sostituire l’immagine che ci hanno costruito e imparare a guardare nello specchio. Guardarsi e vedersi!

E’ incredibilmente semplice e complesso nello stesso tempo, è il primo passaggio che fonda il cambiamento, che ci svelerà il mondo, che ci aprirà una strada mai sospettata, che ci introdurrà in un universo nuovo, speciale e spaventoso.

Eppure, un piccolo e grande passaggio, uno stravolgimento immenso.

Rendersi conto, o semplicemente riconoscere a sé ciò che già intuivamo, ciò che si agitava dentro noi nelle notti insonni, costituisce un atto di grande coraggio. Che forza dirsi a pieno titolo: io non sono quello, io non voglio questo, io ho diritto a cercare ciò che desidero! Io posso sognare. I miei sogni mi appartengono.

Io sono. Il mio bambino è.

Dietro queste frasi, c’è un mondo, c’è un passato fatto di legami familiari, di amore, di sacrifici, di sforzi, di ricatti, di dolore, di rimpianti, di fantasmi, c’è un presente fatto di legami adulti, di relazioni quiete, di tacita pace, di connivenza e cecità reciproca.

Accidenti, rendersi conto che noi non eravamo quel fiore alto, forte e giallo come il sole, ci fa sentire traditi, umiliati, fregati, ingannati nel profondo della nostra fiducia e ingenuità di bambini. Ci fa arrabbiare con i nostri genitori, con i nostri parenti, con i conoscenti e gli insegnanti, ci fa mostruosare furibondamente con noi stessi, che abbiamo permesso tutto ciò!

Ma …. Subito dopo, ci arrestiamo attonitamente da questa tempesta aggressiva, ci fermiamo improvvisamente …… soggiunge la colpa, il senso di irriconoscenza verso chi ha fatto tanti sacrifici per noi, verso chi ne continua a fare, verso chi ci ha amato più di ogni altro al mondo. Si aggiunge poi, l’antico dolore del bambino, che non poteva tollerare di essere la fonte di sofferenza della propria famiglia.

Il gioco ricomincia: ma non sarò io ad essere sbagliato?

E’ duro, veramente duro. L’inizio è così semplice, così vicino a noi, alla nostra portata e nello stesso tempo duro. Un filo sottile che separa il quadro dallo specchio, la finzione dalla consapevolezza e dalla certezza di sé.

Quadro e specchio contengono entrambe un’immagine, un dipinto esterno a noi, che non ci corrisponde e la nostra stessa immagine, che invece ci appartiene. Due immagini e due universi paralleli, due imprescindibili possibilità. Vicine ma distanti, destinate a non incontrarsi mai.

E’ una lotta, una lotta all’ultimo sangue. Una battaglia cruenta e insensata.

Ma no, in realtà, non si tratta di distruggere nessuno, si tratta solo di guardare allo specchio, noi stessi e gli altri. Così come dobbiamo guardare noi stessi, dobbiamo realisticamente guardare loro e vedere, non più dei genitori amorevolmente perfetti, ma genitori giovani, inconsapevoli, impreparati, imperfetti, incapaci, sbadati, svogliati, nelle situazioni peggiori anche narcisisti, sadici, bugiardi, patologici, ecc.

Loro, c’hanno messo tutto ciò che potevano metterci, ma tutto quello sforzo l’hanno messo su una proiezione e non su una persona, non ci hanno visto o non del tutto! C’è chi riesce a metterci di più e di meglio, chi ha delle risorse limitate e modalità precarie! Ognuno mette unicamente quello che ha, né più né meno.

Se misceliamo tutto questo con l’individualità di ciascun seme, che possiede specifici bisogni e caratteristiche, con la condizione unica e irripetibile di terreno, clima, variazione momentanee, ecc., ne viene fuori un mix strano e inscindibile. Una realtà irripetibile, un fiore mai visto prima.

Ci sono poi quelle situazioni di una brutalità ed una violenza tragica, dove non c’è spazio per il troppo amore, ma solo per l’incapacità e la privazione, per l’abbandono, la violenza e la depravazione. Dove il bambino e l’individuo poi diventato adulto, continua a sentirsi Mille volte niente! (Emma La Spina). Uno zerbino, di cui fare tutto ciò che si vuole. Una realtà da urlo!

Queste sono le condizioni peggiori in cui seminare. E’ come se fornissimo loro, solo un chicco di terra in cui germinare, un frammento minuscolo di aria e sole, per un seme che necessita di tante cure, pazienza, attenzione, tempo.

Eppure, mi sono chiesta tante volte se al di là  di una realtà oggettivamente terribile, se questa realtà interna di deprivazione sia veramente diversa da quella di coloro, che hanno subito danni per troppo amore. Sembra irrispettoso e irrealistico, ma non è così, è che alla fine echeggia lo stesso messaggio: come sei, non va bene. Così non va bene!

La nostra anima, è parimenti denigrata e rifiutata! In alcuni casi, l’anima è imprigionata in una torre piena di comodità e opportunità (apparenti), in altre è imprigionata in un lurido carcere, pieno di violenze e crudeltà, in altre ancora è totalmente libera e abbandonata, senza mezzi né riferimenti, al completo sbando.

In alcuni casi, il seme viene deposto in un letto caldo, ben concimato e annaffiato, ma assai delimitato da pareti di una serra artificiale. In altri si tratta di un buco quasi casuale praticato in un terreno arido e freddo, lasciato al nutrimento del caso. Per arrivare all’estremo opposto di un seme gettato per aria, lasciato al vento e alle avversità, di cui non interessa minimamente destino o avversità.

Alla fine, si ritrova la stessa pressante e schiacciante negazione dell’essere, della fiducia in sé. Viene tolta la possibilità di crescere semplicemente, secondo le disposizioni delle proprie naturali attitudini.

Si instilla l’incertezza continua, che mina la stabilità di sé, rafforza il bisogno e la dipendenza dall’altro. Goccia dopo goccia, momento dopo momento, pensiero dopo pensiero.

Non siamo capaci di essere noi stessi, di realizzare i propri progetti, di sapere ciò che ci serve, di procedere da soli nella vita!

Siamo solo fragili e indifesi bambini, in preda e in balia del mondo che non fa per noi e che è meglio guardare da una banchina.

Non ci rimane che relegare i propri sogni nel dimenticatoio!

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16 dicembre 2011 5 16 /12 /dicembre /2011 12:17

La paura del genitore!

Simona

 

La mia paura ha anche questo travestimento.

Queste sono situazioni importanti che hanno coinvolto mia figlia e me qualche tempo fà.


Stava copiando in bella copia un tema che aveva iniziato a scuola in brutta. Alla fine mi chiede di leggerlo. L'argomento riguardava la pagella che i bambini avrebbero ricevuto il lunedì. Dalla maestra, come aiuto, era stata data un traccia da seguire per poterlo sviluppare. I suggerimenti erano di diverso tipo, mirati e interessanti: che voto ti aspetti di ricevere, in quale materia ritieni di essere più preparata, piuttosto sei preoccupata, perchè, hai lavorato con impegno, cosa potresti migliore etc.


Leggo il testo e le do il mio parere. Scoppia in un pianto a dirotto, si innervosisce, non riesce più a parlare, riprende facendo accuse e critiche. Rimango impietrita. Cerco di capire e più cerco di parlare e di avvicinarmi a lei più mi respinge. Non la sto aiutando. Attendo ma perdo la pazienza. Inizio ad alzare il tono della voce e divento perentoria. La sua reazione è questa : a tratti si spaventa e tace, poi si ribella in scatti improvvisi con le mani e i piedi, mi provoca a parole. Sento che sto diventando intollerante e più lei cerca di spiegarsi più non la accetto. Mi sta comunicando un dolore che sente e che è procurato da me, ha paura e quella paura incomincio a sentirla anche io e non riesco a sostenerla. Dico cose spregevoli tentando di ritorcere su di lei le accuse che lei sta rivolgendo a me. La situazione sta degenerando. Incomincio a perdere di vista l'elemento principale, lei. Sto solamente assolvendo ad un mio bisogno non al suo.

Abbatto le mie difese. Ammetto a me stessa di non capire, di non voler capire e di non capirmi. In certi momenti tutto questo l'ho vissuto anche come un grosso alibi, mi stavo in questo modo assolvendo da sola, con un bel ragionamento di difesa a mio sostegno che lo supportasse.


Mi sto perdendo e nello stesso tempo mi sto arroccando dietro ad uno schema. A quale schema? Perchè? In questa situazione non stavo accettando quello che mi stava dicendo, perchè faceva male, non potevo tollerare una mancanza che avevo avuto nei suoi confronti e che stava cercando di comunicarmi, mi stavo difendendo dietro al mio ruolo di mamma che sa cosa, quanto e come è giusto per i miei figli in ogni circostanza.


Devo prendere contatto con queste emozioni, devo prendere contatto con la sua sofferenza, con la mia, metterle insieme e restituire armonia e comprensione. E' richiesto un grosso impegno da parte di tutte e due.


A questo punto le permetto di essere. Dice che io non avevo criticato il suo testo, non ero entrata nel merito di quello che aveva scritto, ma hai suoi occhi avevo sottolineato il fatto che lei non avesse mantenuto la traccia data dalla maestra e che quindi fosse stata carente di parti importanti. Invece la maestra le aveva detto che andava bene. Io pensando di aiutarla le avevo detto che se avesse "risposto a tutto" il tema sarebbe stato più ricco e completo. In realtà lei ha volutamente non risposto a tutte quelle domande solo che non le ho lasciato il tempo di dirlo. Quello che io credevo fosse un aiuto è diventato un rimprovero gratuito. In più mi dice che avrebbe accettato il mio aiuto ma sarebbe stato meglio se io prima le avessi detto quanto era stata brava per la parte svolta. In realtà io lo pensavo ma non glielo avevo comunicato. Aveva bisogno di essere rassicurata su quello che aveva fatto e chiedeva conferme che ho trascurato.


Ci abbracciamo forte, poi prende le mie mani nelle sue, abbassa gli occhi, inspira profondamente e annuisce.


Riesce ad esternare quello che sente e quello che mi dice mi entra nel cuore profondamente. Ha dimostrato una grande sensibilità e accuratezza nell'esprimere i propri bisogni e sentimenti. Ed è riuscita anche a farlo con i miei.

 

 

Un abbraccio

Simona

 

 

Bhe è un'esperienza molto intensa,

importante, sconvolgente e piena di insegnamenti!

Ci ricorda quanto sia difficile ascoltare con occhi privi di filtri, orecchie aperte, corpo disposto all'accoglimento.

Ci ricorda quanto sia difficile stare in relazione senza proiettare noi stessi in modo indifferenziato e inconsapevole.

La sua Simona, un'esperienza carica di paura, dolore, dispiacere ma anche amore!

Essere genitore è veramente difficile! Ma è anche un’esperienza meravigliosa, magica, ci offre l’importante possibilità di rivedere noi stessi attraverso uno specchio assolutamente onesto, limpido, vero.

I bambini, ci offrono una grande occasione di conoscenza, di consapevolezza e di cambiamento.

Nello stesso tempo, tutto questo costa in termini di dolore, di fatica e umiltà.

Il cambiamento richiede molta umiltà e costanza, richiede la capacità di dirsi “voglio cambiare”, “ho sbagliato!” e non sempre siamo disposti a questo!

E’ un’opportunità che ci forniamo nel momento in cui ci avviciniamo ai bambini, nostri e non, esterni ed interno, sta a noi sfruttarla per tutto quello che ci può offrire.

Ogni volta che entriamo in contatto con un bambino questo prende per mano il nostro bambino interno e allora abbiamo una seconda opportunità, l’occasione per stare con quel nostro bambino che è stato, con tutte le sue paure, insicurezze, desideri, pensieri, fantasie …………

Penso che la consapevolezza sia veramente un’esperienza meravigliosa, rompe ogni barriera, apre la visuale, allarga gli orizzonti, blocca qualcosa che sembrava impossibile, irraggiungibile e .............

Grazie Simona!

Rinnovo l’invito a chiunque desideri condividere esperienze e pensieri, a spedirmi le proprie preziose riflessioni.

 

Buona continuazione!

Sabrina Costantini

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14 dicembre 2011 3 14 /12 /dicembre /2011 09:06

CAPITOLO I

In Viaggio con la Balena

                                                    Sabrina Costantini

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La Chiocciolina e la Balena (Julia Donaldson), le vedete?

Sono tenere e forti, curiose e consapevoli, strane, stravaganti, grandi amiche. Sono due creature che ci aiuteranno ad introdurci dolcemente, nel nostro viaggio.

La storia narra che un giorno, da uno scoglio nero e lucente, dove le giornate passano lentamente, dove un micio sonnecchia tranquillo, i gabbiani volano basso e tutto procede secondo il solito tran tran, una chiocciolina marina inaspettatamente espresse il suo grande desiderio di fare un viaggio, di esplorare il vasto mare, il mondo.

Ma …..

Le altre chioccioline, senza capire, tutte tranquille, continuano a dire:

“Sei nata qui e lo sai il perché: il mare e il mondo non fanno per te!”

La nostra chiocciolina ammette e riconosce che il loro è sicuramente un parere saggio, ma lei farà il suo viaggio! Con i suoi mezzi, con la bava e le piroette, scrive un messaggio sullo scoglio “Cerco un passaggio per mettermi in viaggio”.

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Finché una notte, come se fosse già predestinata ad essere sua compagna di viaggio, arriva una grande balena marina con occhi dolci e attenti.

La balena, con la sua dolce voce di mare, canta storie che fanno sognare, di tutti i posti visitati in giro per il mondo, pieno di meraviglie e avventure.

Poi chiama la chiocciolina in disparte, la fa salire sulla sua coda, dicendole:

Si parte!

La piccola non se lo fa dire due volte, sale sulla coda con entusiasmo e allegria. Partono insieme all’avventura, per il loro lungo lungo viaggio.

Navigano navigano in giro per il mondo, visitando e attraversando tutti i luoghi che la balena ha narrato, quei luoghi che ogni volta si tingono di colori diversi, perché diversi sono gli ambienti e le connotazioni. Ogni volta è uno spettacolo e un’avversità, un brivido e uno stupore.

Si passa dall’acqua azzurra e profonda, da quella rossa di sole, a quella viola del temporale, attraversando ghiacci gelati, con foche, pinguini e calde sabbie tropicali, con scimmie, tartarughe marine e vulcani in eruzione, fra onde altissime, paurose e schiumose, all’interno di grotte sottomarine popolate da piante, coralli e pesci, talvolta feroci e pericolosi.

Procedono il viaggio, trovandosi sotto un cielo sereno e poche nuvole passeggere, fin in mezzo alla tempesta più furiosa e spaventosa, dove l’unico riparo risiede dentro di sé: l’unica grotta, che veramente può proteggere, stando con coraggio e fiducia.

E ancora in questo viaggio, la chiocciolina rinnova il suo senso di sé, l’essere piccolina, ma non perché spaventata e relegata, ma stavolta consapevole dell’immensità e della magnificenza del mondo, di un mare sconfinato, montagne irraggiungibili, orsi imponenti e falchi che volano alto, dove lei ne è solo una piccola parte.

Arriva poi anche un brutto giorno, in cui la balena si confonde per i tanti rumori delle barche a motore, con gente che giunge da ogni dove.

La bassa marea poi complica tutto e la nostra cara amica si trova all’asciutto, arenata sulla spiaggia, senza riuscire a cavarsi dall’impaccio. La piccola la spinge ad andarsene in fretta, ma la povera balena, ormai arenata con voce tremante dice

Non posso sono troppo pesante.

 

Allora la chiocciolina col suo guscio snello, preoccupata per la sua nuova amica, corre corre e corre veloce, oltre la sua stessa natura, in cerca di aiuto. Trova una scuola con tanti bambini, la maestra li richiama a lezione, si apprestano a fare le divisioni. La classe è tappezzata di mille disegni di cose che lei ha già visto in questo suo viaggio, balene, palme, pescecani e via dicendo.

La piccola con qualche curva e una piroetta, sulla lavagna produce una scritta: Salvate la balena.

La chiocciolina, i bambini, la maestra ed i pompieri con le sirene, tutti quanti insieme corrono in spiaggia a salvare la balena, scavando, spruzzando, annaffiando con l’acqua di mare, per rigenerarla ed infine per permetterle di ripartire.

Non appena il mare comincia a salire, onda su onda, il gioco è fatto, adesso si può ripartire veramente e in men che non si dica, le due sono ancora in viaggio. Tutti insieme i nuovi amici, con gran commozione ed entusiasmo, salutano la balena e la chiocciolina che riprendono la via del ritorno.

In pochi giorni di navigazione, le due sono di tornate a casa.

Sul solito scoglio nero e lucente, ad aspettarle c’è tanta gente, ci sono le chioccioline conoscenti e amiche ed il gatto non più dubbioso sulla banchina, che stavolta osserva incuriosito.

Tutte estasiate ed entusiaste di tanto coraggio, chiedono alla chiocciolina di raccontare del suo lungo viaggio, di quanto le è successo e delle meraviglie esplorate.

E allora le tante chioccioline, ascoltano quelle storie di mare, di spettacoli, di meraviglie, di imprevisti, della forza della loro piccola amica, che alla balena ha salvato la vita, sono entusiaste, sorprese, splendenti di gioia, ormai non hanno più remore e chiedono alla balena di portare anche loro, in viaggio.

La balena al tramonto, mentre il gabbiano pesca, porge loro la coda, per partire ……

E le chioccioline, senza paura, partono insieme, all’avventura.

 

Questa dolce storia di mare accompagna tutti, piccoli e grandi, nella nostra grande avventura della vita.

Ciascuno di noi deve ritrovare il dono della semplicità, della naturalezza e le storie per bambini, almeno alcune di loro, ci riportano proprio in quel posto, un luogo fondamentale privo di fronzoli, di merletti intellettuali ed intellettualistici, un luogo dove le cose sono intrise in modo diretto di semplicità ed emotività, dove i simboli arrivano esattamente dove devono arrivare: al Cuore!

Qui, le cose sono ciò che devono essere e trasudano di corposità, di concretezza e di vitalità.

La chiocciolina che siamo stati era esattamente così, piccola, inconsapevole, paurosa, ma anche entusiasta e piena di forza, di energia e coraggio da vendere, al punto da voler rischiare, di avventurarsi nel’immensità del mondo, con una compagna sconosciuta. Quel nostro esserino, aveva fiducia da vendere, ingenuità e assenza di pregiudizio e sarebbe andato ovunque il suo desiderio le diceva di andare.

Uscendo da quel porto sicuro e conosciuto, pieno di amici e protezione, noi piccole chioccioline abbiamo imparato a camminare, a correre, a cadere, a rialzarci, ad allontanarci e a tornare, a trovare nuovi punti d’appoggio, sperimentare universi diversi con regole e figure varie, col rischio d’incombere in temporali, onde spaventose, animali feroci, disavventure e in piacevoli caldi tropicali, animali curiosi, nuovi amici.

Ci siamo scoperti resistenti al caldo, al freddo, al gelo, agli spruzzi, alle onde spaventose, capaci di andare oltre gli oceani, di oltrepassare le grotte sommerse e ogni possibile pericolo. Abbiamo imparato a rinfrancarci attraverso noi stessi, a rintanarsi dentro il nostro essere!

Abbiamo compiuto questa grande scoperta: abbiamo visto uno spazio dentro di noi, ignorato fino ad allora.

Dentro di noi c’è un porto sicuro, un luogo immenso e potente.

Sì dentro di noi c’è una forza e una capacità di rimpannucciarci, che non avevamo mai visto prima, che non sospettavamo assolutamente di avere.

Ci siamo scoperti piccoli e grandi nello stesso tempo, pregni di risorse impensabili e grandiose. Abbiamo sorpreso noi stessi. Ci siamo svelati a noi stessi e al mondo!

E poi, affrontare tutti quei mezzi e quelle prove, eventi mai immaginati, poi ritrovarsi persi, senza speranza, quasi da impazzire e poi ancora trovare la soluzione, uscire da quel tunnel, salvarsi, riuscire a farsi capire anche da chi è diverso, parlando una lingua intermedia, tutti uniti, insieme per raggiungere un fine unico: una grande scuola di vita!

Quanta gente abbiamo incontrato, quante mani abbiamo stretto, quanti occhi abbiamo guardato, quanti sguardi incrociato, quanti abbracci, quanti calori. Ci siamo stupiti di poter trovare anche nuovi amici, il mondo non è così ostile e pericoloso. O ….. non sempre.

Potevamo stare da soli o in compagnia, con l’accordo e la conferma altrui, sotto il loro sguardo benevolo, sentendoci grandi e piccoli nello stesso tempo. Rimanere in quel luogo, in quell’angolo di terra, che non smentisce mai sé stesso. Sapere già in partenza quali sarebbero state le cose giuste e non giuste, quelle da fare, da dire, da pensare. Quali gli orizzonti, i confini, i permessi ed i divieti. Tutto molto stabile, tacito, chiaro, senza imprevisti, senza scossoni, né rumori. Ah, che pace, che tranquillità!

Ma i più audaci di noi, non si sono accontentati. Continuavano a girarsi e rigirarsi su sé stessi.

Abbiamo appreso a dividere e condividere giochi e momenti, con grandi e piccini, ad adattarci a nuovi orizzonti con regole nuove, abbiamo avuto l’opportunità di lanciarci nel mondo, di sperimentare le proprie abilità, di avere paura, tremendamente paura, di essere immobilizzati e terrorizzati, senza idee, smarriti, confusi all’inverosimile. Abbiamo anche avuto l’occasione di trovare le risorse dentro di noi, quelle riserve impreviste, il lampo di genio, il guizzo e l’energia per andare oltre le paure, per poter essere eroi, protagonisti della nostra storia e di quella degli altri, di poter essere capaci ad uscire dall’impaccio e sostenere gli altri, nei loro impacci.

Insomma, che grande liberazione, che forza, che rivelazione!

Abbiamo scoperto che il mondo era fatto per noi, potevamo osare e lo abbiamo coraggiosamente fatto. Nonostante tutto, nonostante gli ammonimenti, le preoccupazioni ed i divieti. Siamo stati bravi, ce l’abbiamo fatta, ci siamo riusciti!

E c’è anche chi ci ha preso come esempio, seguendo la scia. Alla fine, a seguirci sono stati proprio quelli, che cercavano di dissuaderci! Conquista grandiosa, incredibile. Incredibilmente vero.

Potevamo stare lì, su quello scoglio nero e lucente, con un orizzonte sempre uguale, conforme a sé stesso e alle nostre aspettative, col gatto sornione, i gabbiani di rito, le petroliere, le navi in lontananza, i rifiuti sulla lingua di sabbia ed il faro luminoso nelle vicinanze. Tutto molto rassicurante! Sicuro, noto e familiare.

Eppure no, c’era quell’idea che ci girava in testa, quella smania che si muoveva nella pancia, quel languorino, quelle nuvole fiabesche che volteggiavano nel cuore ed il nostro orizzonte s’è stravolto in un momento! E’ bastato dire: non importa ciò che sarà, io parto lo stesso! Forse avete ragione, il mondo non è per me, ma io farò il mio viaggio.

E’ bastato chiedere un passaggio e magicamente, in men che non si dica è arrivata la balena, pronta a partire per un lungo viaggio, per un’avventura mai immaginata.

E’ incredibile! Da far girar la testa, da guardarsi intorno e dire “ma, che succede?”

In un attimo, è bastato un attimo di decisività, di completezza ed unione con noi stessi che tutto è avvenuto, senza fatica, con naturalezza, come se tutto fosse già pronto, aspettava solo il nostro Si!

L’universo si è alleato con noi! Ha predisposto tutto, perché le cose accadessero naturalmente proprio come dovevano, come aveva senso che fosse. Tutto era lì a portata di mano, pronto solo per essere colto, con il minimo sforzo e con la più grande determinazione!

Ci aveste mai creduto?

Forse no, eppure è stato così.

Di notte lungo la riva, parte il viaggio, in un’atmosfera semionirica, dove solo i sogni e i desideri, sfuggendo alla concretezza e alla razionalità delle cose illuminate dalla luce diurna, hanno completo potere, introducendoci così in una dimensione emotiva e naturale.

Ognuna di noi chioccioline ha percorso il suo viaggio, più o meno grande, più o meno coraggioso, più o meno istruttivo. Il primo grande viaggio che ci ha condotto lungo il sentiero della crescita.

Siamo giunte all’età adulta con il proprio bagaglio d’esperienze, con le proprie storie da raccontare, le avventure e le sventure, che hanno costruito gli scogli delle nostre certezze, di quel porto sicuro che risiede dentro di noi e ci permetterà di affrontare nuove esperienze, di sapere che si può rischiare, si può andare oltre, sempre verso altri misteri.

Con l’infanzia i viaggi non sono finiti, gli approdi non sono definitivi, ma ne inizia uno nuovo, unico e speciale: il viaggio all’interno di noi!

Adesso che il percorso della sperimentazione, delle capacità e della fiducia di base è stato compiuto, adesso che si è incontrato ogni genere di animale, innocuo e feroce, adesso che siamo ancora intatti, si è sperimentato che il freddo pungente e glaciale non ci ha congelato, il caldo imponente e tropicale non ci ha liquefatto, che il mare impetuoso e le sue tempeste non ci hanno travolto, le grotte sottomarine non ci hanno ingoiato e inglobato, che anche l’egoismo e la confusione disorientante, ha ceduto il posto alla generosità e alla squisitezza di grandi e piccini, confortandoci e donandoci la strada del ritorno.

Adesso esiste un bagaglio e una consapevolezza che chiede di essere usato per la realizzazione di sé nel mondo, con un processo di decisione e di autodeterminazione responsabile. Non siamo più esseri piccoli e innocui, incapaci e passivi, ma esseri responsabili di sé e delle proprio decisioni, prese e non prese.

Si parte per un nuovo percorso, per il percorso alla scoperta di sé nel mondo, della realizzazione autonoma dei propri desideri, della relazione matura, della vita piena! Della presa in carico di noi stessi.

Ancora una volta si ripresenta puntuale il bivio, la scelta, quasi fosse un samsara.

Ci si può limitare a stare sullo scoglio nero e lucente, a vivere quella vita che pensiamo ci appartenga, che facciamo nostra a tutti i costi, ciò a cui siamo stati predestinati, quanto ci hanno imposto, ingabbiandoci in un’apparente libertà, limitandoci su una banchina affacciata su un mare immenso e profondo, che a noi non è dato di esplorare. E poi vedete? C’è anche un faro, molto rassicurante! Che si vuole di più?

Oppure, si può scegliere di vivere su quel medesimo scoglio, sapendo che abbiamo la possibilità di trascendere quel copione di vita, imposto da altri, per una scelta propria e consapevole, piena di possibilità e ricchezze.

In questa via però, lo scoglio non rappresenta una fuga spaventata, non un rifugio, ma il punto d’approdo di un processo, un ri-tornare al punto di partenza, con un nuovo bagaglio, con un sapere vissuto in prima persona.

E’ una scelta importante, una scelta che richiede la consapevolezza di sé, di ciò che si è, ciò che si desidera.

Si tratta di rifare quel viaggio del passato, ma questa volta il mare sta dentro di noi, le tempeste ci appartengono, le spiagge tropicali ci riscaldano dall’interno, i mostri marini sono le nostre ombre nascoste, gli amici che si preoccupano e ci salvano, rappresentano i nostri propri spazi.

E’ un viaggio dove il bambino e l’adulto si riuniscono, si reincontrano, fanno pace, si alleano e si conducono a vicenda. Si tengono amorevolmente per mano.

Allora, dopo aver realizzato e sperimentato cosa sappiamo fare, quanto coraggio e abilità possediamo nel cavarcela, quale lavoro sceglieremo e in che modo saremmo in grado di portarlo avanti, con quanta forza e determinazione promuoveremo noi stessi nel mondo, nella soddisfazione dei bisogni fondamentali e nei sogni più intimi, nascosti e nutrienti di noi, torneremo a noi stessi, ai nostri bisogni, alla nostra natura, al rispetto di noi stessi.

Com’è successo alla grande balena marina, capiterà sicuramente anche a noi di arenarci e rimanere bloccati, impossibilitati a proseguire, sentirci pesanti, spacciati. Ma, ci sarà sempre qualcuno, ci sarà la chiocciolina che è in noi, il bambino che con le sue mille piccole risorse, troverà la soluzione. La sinergia, la forza dell’unione si rinnoverà, mostrandoci la ricchezza del mondo, rinsaldando la fiducia in sé e nell’umanità, che ci consola con la sua vicinanza.

E ancora, nel momento in cui ci troveremo a trascenderci, a sforzarci di andare oltre noi stessi ed i nostri egoistici bisogni, procedendo verso l’altro in modo onesto e reale, al di là delle nostre aspettative e bisogni, ci sorprenderà un mostro tremendo, un mare sconosciuto, nero e profondo. Ci travolgerà quel buco nero rappresentato dalla nostra meschina paura, che saboterà ogni nostro impegno, ogni progetto cosciente.

Raggiungeremo l’obiettivo di oltrepassare noi stessi, solo quando rinunceremo a noi, ai nostri bisogni più concreti e futili, a favore di una nuova piccola chiocciola, che sceglieremo di deporre sul nostro scoglio, lì insieme a noi. Adesso viaggeremo unicamente per il piacere di stare con, di accompagnare con disinteresse e amore.

Solo lungo questo sperimentarsi, il proprio bagaglio acquista un senso e un valore rinnovato. Si procede verso un’altra dimensione ulteriore.

Si rischia la vita, la fiducia, le proprie risorse, la faccia, la stima, ma senza il rischio, niente è veramente ciò che è, niente ha realmente il suo peso ed è solo un’illusione, perché niente ha veramente il sapore di mare, ma solo il retrogusto mucido stantio di una banchina, che non è andata mai oltre sé stessa, con i soliti rifiuti ed il medesimo faro, che illumina sempre lo stesso lembo di terra e di mare, una piccola striscia sottile e limitata di vita.

Io stessa mi accingo in questa avventura con voi, passando per quelle grotte sottomarine piene di sardine, coralli, polpi e squali, cercando di farmi coraggio di fronte al mare impetuoso e di trovare soluzioni ardite agli ammaraggi imprevisti, di trovare la forza dentro di me, provando a godere del calore tropicale e dello smarrimento dell’immensità umana.

Parto con il cuore tremolante, fiducioso e spaventato, con lo zaino pieno di risorse buone e meno buone. Cercando di destreggiarmi fra rumori, invasioni, dolci richiami suadenti, grandi, piccini e quant’altro può accadere.

Ho paura e sarei pronta ad indietreggiare, ad ascoltare le voci sagge dietro e dentro di me, che mi ricordano che scrivere libri non fa per me, che il mio destino di appartenenza è un altro, il mio orizzonte è questo qui, con faro annesso e connesso, un panorama ormai noto e ben consolidato.

In fin dei conti, cosa si può volere di più? Quanti sogni, si sono già realizzati! Quanta strada, è già stata percorsa! E’ già stata fatta molta fatica e adesso è meritato e giusto chiedere di godersela, di riposarsi, di cullarsi sugli allori!

Chiedere questo, è forse un delitto?

No, non è un delitto! Ma non voglio fermarmi. Godermela comporterebbe arrestarsi, fino ad annullarsi e io so, che questo è un viaggio che mi porterà lontano, mi riporterà a casa, piena di storie che fanno sognare e di sogni che hanno trovato i loro lidi.

Non so se questo libro alla fine sarà qualcosa di buono anche per altri, se sarà accolto ed amato. Questo non lo so, comunque vada, per me è qualcosa di buono e val la pena di intraprendere quest’avventura, di sognare.

Io non voglio smettere di sognare, non voglio rinunciare ai miei sogni.

C’è un viaggio nuovo e affascinante, che mi attende, mi intriga e mi terrorizza, solo così sarò più forte, meno spaventata e più salda.

Certo, tanta strada è già stata fatta, fatica e dolore a dismisura. Ma c’è una misura a questo? Chi  dice qual’è la dose massima? Esiste un limite?

In fin dei conti, quella scelta non finisce mai: o lo scoglio ed il suo porto o il mondo, il vasto mare, ancora verso una nuova avventura!

Le avventure sono infinite e ciascuno ha i suoi tanti viaggi!

Forse poi ………….. un giorno, potremo noi stessi portare delle chioccioline sulla nostra coda! Accompagnarle per un altro lungo viaggio!

E ancora di più, saranno loro a partire per le proprie avventure e lo potranno fare perché sanno che c’è e ci sarà sempre un porto sicuro dover rifugiarsi, dove ricorrere qualora ne avessero bisogno.

Ma noi, possiamo essere quel porto sicuro, solido e affidabile, capaci di stare e accogliere, solo se saremo andati e tornati. Altrimenti saremo sempre in fuga e le nostre chioccioline, non potranno cavalcare le loro onde, ma tremanti saranno costrette a rimanere in quel ristretto angolo di mondo.

E allora senza remore, salite sulla coda e ……….

si parteeeeee!!!!

 

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12 dicembre 2011 1 12 /12 /dicembre /2011 10:17

Il vissuto di Simona

 

 

Gentilissima Dott.ssa Costantini,

che grande tema tratta.

Il titolo da lei scelto "A spasso con la paura" è già di per sé così eloquente.

Nella mia vita la paura ha assunto un nuovo significato di grande valore e grande profondità, io la definisco così : è un amico fedele che non ti abbandona mai.

Quando la incontro non c'è più rifiuto, le sorrido e so che mi porterà lontano in posti che non ho ancora visitato e che amplieranno sempre più i miei orizzonti.

Sinceramente non vedo l'ora di leggere i suoi racconti che sono sicura mi condurranno in terre inesplorate.

………………

 

ho imparato a stare in silenzio quando avverto la presenza della paura.

Ho imparato a non gridarle addosso.

E allora me ne sto lì con lei, senza fare rumore.
Sono i miei stati d'animo a seguito di quello che percepisco che si parlano e si fanno ascoltare. Emergono così profondi e discreti.

La verità è racchiusa lì.

Quella verità tremante che si manifesta sincera, pulita, solida e autentica.

………..

 


la ringrazio per aver colto perfettamente, nelle mie poche parole, la mia incertezza, preferisco chiamarla così piuttosto che reticenza.


Questa incertezza è dovuta al fatto che spesso mi è capitato di parlare con le persone che conosco della paura in generale, della mia personale e di quella che vedo negli altri e che sento come mia. Quando questo succede ho la sensazione di mettermi a nudo completamente. Quando parlo della paura il mio desiderio è quello che venga smascherata per quello che è. L'autenticità che tanto ricerco pulsa a ritmo incessante, tramortisce a volte. Per poterlo fare ho bisogno dell'aiuto che attingo da me ma ho bisogno anche di quello degli altri.

Delle volte questo tipo di "apertura" è accetta e condivisa delle altre, più frequentemente, è criticata e condannata. E' dura per tutti prendere contatto con certe emozioni, così diventa più facile deriderle o peggio ignorarle come non esistessero. Forse le paure quando vengono descritte destabilizzano le presunte sicurezze?

E così molto spesso mi trovo a fare i conti da sola. Ormai è uno schema consolidato e familiare. So che mi apro agli altri per poterla fare emergere e poi a respirarla ci sono solo io. Come è giusto che sia. Lascio che mi penetri. C'è sempre la voglia di stare in quello spazio interiore da cui poi traggo pace e comprensione. E io mi sento espandere sempre più.

Mi rendo conto di aver appena sfiorato dei tasti, ci sarà sicuramente occasione per poter addentrarmi ulteriormente. Comunicare con lei direttamente e ora anche attraverso il suo sito è una nuova esperienza che sento di voler vivere appieno.

Grazie ancora.


Cordialità,

Simona

 

Ringrazio vivamente Simona per averci fatto parte del suo vissuto e della sua esperienza fatta di pensieri, incontri, emozioni, in particolare rispetto alla paura: l’’Emozione delle emozioni.

Non è facile esporsi pubblicamente, si teme sempre il giudizio, si teme di dire cose strane, diverse, inaccettabili, insane, incomprensibili, folli, ecc. In verità già prendere il coraggio di con-dividere con gli altri, ci alleggerisce dal peso della Paura stessa. Quella che ci fa nascondere in ogni angolo della terra, per i motivi più disparati.

Quando il mondo ci rimanda la nostra stessa paura, il rifiuto, lo sgomento, la vergogna, allora troviamo un buon alleato dello svilimento e della svalutazione, allora ci nascondiamo definitivamente e inesorabilmente. Ci vergogniamo di noi, quasi fossimo esseri immondi!

Nonostante le reticenze, Simona ha accettato di essere visibile a tutti, nei suoi pensieri, riflessioni e timori. Di sicuro la vita gliene darà merito. Ha mostrato coraggio e forza, due elementi che ricordano alla paura che forse fa troppo da padrona, in un terreno che non gli appartiene.

E allora …. Speriamo che Simona sia da apripista per imparare a mostrare noi stessi per ciò che siamo.

                                         Grazie

                                  Buona Apertura

                                                                                Sabrina Costantini

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8 dicembre 2011 4 08 /12 /dicembre /2011 08:53

A Spasso con la Paura 

Noi due insieme

 

 

Introduzione

 

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Qualcuno ha detto che si guarisce con i perché, che si cambia con i perché, che si Vive con i perché!

I perché aprono la strada al senso.

E’ vero, è proprio così, i perché aprono un mondo!

Allora, il primo appropriato perché da formulare in questo luogo, suona come: perché mai, sto scrivendo questo libro?

Le motivazioni esplicite sono varie e tutte chiare, desidero raccontare alcuni aneddoti, mettere insieme delle esperienze, dare senso al mio lavoro, condividere alcune convinzioni e via dicendo.

 Non risuonano altrettanto chiare le motivazioni implicite, profonde e reali, quelle che spingono a lasciare traccia a parola per parola, che ci sorprendono con frasi impensabili e gesti apparentemente estranei anche a noi stessi, quelle che fanno sognare la notte, che riempiono misteriosamente la vita di un andamento curioso e imprevisto.

Forse solo alla fine di queste riflessioni, la motivazione autentica sarà più chiara a me e a voi. Per il momento possiamo solo approssimarci, andarci vicino e rifletterci un po’ su.

E ….. “Per dindirindina! State a sentire, perché ho delle cose importanti da dire! La principessa da grande non farò, io ho studiato e dottore sarò!”

Questa è la frase che pronuncia Sabrina, la principessina dottoressa di una storia per bambini e non solo (J. Donaldson, Zog), per spezzare la disputa fra il drago Zog e il cavaliere Ubaldo. La posta è lei, in quanto principessina.

Zog l’ha conquistata e Ubaldo la vuol liberare, un bel gioco direi, ma lei lo interrompe cambiando il suo copione, decide che, pur essendo una principessa, da grande non vorrà fare la principessa. Ha studiato proprio per occuparsi d’altro, per curare sé e gli altri.

In questo suo progetto, conquisterà e travolgerà per loro scelta anche Ubaldo, nominato vice dottore e Zog, diventato la loro ambulanza volante. E tutti e tre si trasformano in qualcos’altro dal progetto iniziale di ciascuno. Diventano i primi dottori volanti e volano via speranzosi e allegri!

E forse mi accingo a scrivere questo libro, per rendere più esplicita l’esistenza di questa duplice possibilità: continuare nel proprio copione di principi, principessine, vittime, carnefici, salvatori, crocerossine, peter pan, porcospini, ecc., oppure curare noi stessi, svincolarci, trovare il centro di sé, l’alternativa scelta, voluta, conquistata e sudata da noi stessi, in modo progressivo e consapevole.

Una via, che parte da noi e nell’interazione con gli altri si trasforma naturalmente, non più per imposizione copionale, ma per un’autodeterminazione tale, da travolgere sé e gli altri. Sabrina, sceglie di non credere in una favola, nel destino di principessa tramandato dalla sua famiglia, ma di credere in sé, in un personale progetto, che desidera ardentemente e realizza con lavoro, fatica e continuità.

Si stacca comunque da terra, realizza un sogno e lo fa in modo singolare, portando avanti il suo progetto grazie alla volatilità di Zog e al connubio alla pari col cavaliere, che sceglie come aiutante, piuttosto che come salvatore.

Se invece proseguisse il proprio copione, si staccherebbe totalmente da terra, volerebbe in aria grazie e attraverso la favola, quindi in modo irrealistico, denigrante, insano, svalutante. Si staccherebbe anche da sé stessa, rinnegando ciò che è e ciò che desidera realmente.

Nello stesso modo Ubaldo, abbandona il ruolo di paladino, di cavaliere onorato, di salvatore, per intraprendere una via di aiuto, che lo chiama in causa in prima persona. Lascia andare il cavallo terreno per il cavallo alato di una fanciulla, che vuol trascendere la propria sorte.

Ed infine Zog, che ha appena conquistato la stella d’oro come allievo perfetto, rinuncia al copione di rapitore di principesse, di bravo draghetto volenteroso, per innalzare e velocizzare il lavoro d’aiuto degli altri due, abbandonando la battaglia e la contesa, a favore di una collaborazione fruttuosa.

Trovo affascinantemente bello che le storie per bambini ci insegnino così tanto, che riescano a narrarci così tante cose importanti.

Beh, io non ho la pretesa di dire cose originali, uniche e speciali, so che quello che dirò sarà già stato detto da altri, ma lo dirò al mio modo, diverso da quello altrui. Spero che questo mio modo contribuisca ad aprire delle porte, ad accendere delle lampadine, che spianino la strada almeno ad una parte di voi, che mostri ulteriori possibilità non ancora viste.

Io credo che noi tutti abbiamo mille stimoli, mille e un’occasione, per aprire la nostra visuale su noi stessi, ma la maggior parte di questi non sono sufficienti, o non appropriati, o non si presentano al momento giusto o nel modo giusto per essere recepiti, oppure noi siamo troppo spaventati, per poterli far propri.

Comunque sia, il risultato è lo stesso, ci capitano cose, attraversiamo delle esperienze, ci scontriamo con ogni sorta di possibilità come niente fosse, con un’assoluta indifferenza, senza che niente ci tocchi realmente. La vita ci offre ricchi stimoli che non siamo in grado di far propri.

Credo che la paura sia un’importante componente della nostra vita, una costante compagna di vita, ma noi non ce ne rediamo neanche conto. La paura si nasconde sotto mille maschere, quella dell’indifferenza, della forza, del diritto, della legge, dei dubbi intellettuali, della ragione, dello scetticismo, dell’ignoranza, del buonismo, dell’egoismo più bieco, della pretesa, della follia, del ritiro, della passività, dell’incapacità, delle malattie e mille altre ancora.

Di fatto, che lo vogliamo o no, che ce ne accorgiamo o no, sotto queste maschere, albergano mille paure quotidiane che si nutrono di sé stesse: la paura di incontrare sconosciuti, la paura di incontrare conosciuti, la paura del confronto, la paura di essere visti, di mettersi in mostra, di essere ridicolizzati, la paura di essere dimenticati, abbandonati, derisi, umiliati, di essere smascherati, persino la paura di entrare in un ufficio, di chiedere informazioni, di non essere bravi, di non essere efficienti, la paura dell’ignoto, del buio, del nuovo, della morte, della vita e mille altre ancora.

La paura è la nostra compagna  di viaggio inseparabile, è lì e ci segue come un’ombra.

Ma se la neghiamo, se ignoriamo la sua esistenza ne saremmo vittime senza neanche accorgercene, rendendoci poveri, soli, sempre uguali, annoiati, malati, maldestri, tristi. Se invece scegliamo di andare a spasso consapevolmente con questa nostra grande emozione, essa diventerà una grande forza, una risorsa, la maestra di vita e di cambiamento, il concime con cui nutrire il nostro fiore con ricchezza e abbondanza.

Spero quindi che il mio modo, che il mio invito ad andare a spasso con la paura rappresenti quell’un modo in più, quell’ulteriore sfaccettatura al momento giusto e nel modo giusto, appropriato al punto da poter far breccia nel vostro mondo e scardinare una parte delle vostre certezze, che altrimenti alla lunga, diventeranno la vostra morte.

La morte della vostra luce più profonda, della vostra stessa essenza.

Spero vivamente, che da questo libro nasca uno scambio reciproco fra me e voi, che ciascuno si arricchisca, esattamente come capita nella vita di tutti i giorni, con le tante persone che Incontriamo continuamente.

Spero di riuscire a rispondere ad alcune delle vostre domande e contemporaneamente mi auguro di aprire mille e mille altre domande ancora, dentro di voi e di me.

Mi auguro che si avvii un processo per ciascuno di noi, che abbia inizio ma mai fine. Ci auguro un buon viaggio!

Questo percorso avrà un andamento progressivo, partirà da lontano, dal buio, dall’indifferenziato, da una dimensione apparentemente ludica e semplice, per arrivare via via ad una realtà molto presente, tangibile, forte, anche drammatica, una condizione che ci incollerà inevitabilmente a noi stessi. Non potremmo più fuggire dalla nostra natura e da ciò che siamo.

Per procedere, userò via via spunti di altri, storie, fiabe, immagini, ricordi, fotogrammi di vita, proprio in quanto esempi dei tanti stimoli che la vita ci presenta abitualmente, con vesti diverse e polimorfe. Dobbiamo solo saperli cogliere, saper ascoltare il suono del nostro ritmo, la musica che tali stimoli scatenerà nel nostro profondo, fidarsi delle sirene che ci ammalieranno soavemente, per condurci poi negli abissi più misteriosi.

Tutto ciò che emerge dalla mia consapevolezza, tutto il mio percorso, ciò che oggi sono, quanto dirò, deriva dalla mia forza e dall’ostinazione che mi contraddistinguono da sempre, ma arriva anche dalle tante persone che ho Incontrato, che ho avuto l’onore di Incontrare davvero, anima ad anima, cuore a cuore, che hanno avuto la fiducia di regalarmi un pezzo della loro vita, con loro, per loro, per sempre. Deriva dai tanti perché che ogni volta mi sono posta e che ostinatamente ho fatto girare dentro me, fino a che non sorgevano delle risposte convincenti.

Vorrei suggerire di leggere questo libro stando su quello stesso orizzonte, lasciando la testa sul comodino e ascoltando col cuore!

La testa non capirebbe una sola parola e non concederebbe mai e poi mai il lasciapassare, per arrivare esattamente dove è destino che questo percorso conduca. E ha ragione, questo è un volo senza paracadute e nessun sano di mente lo intraprenderebbe in coscienza!

Bisogna solo volare, volare con fiducia di saperlo fare.

Se lasciamo decidere al cuore, alla pancia, all’emotività, all’istintività, a quel bambino nel fondo di noi, allora non ci saranno dubbi: apriremo le braccia per prendere il volo e alleggerirci delle pesantezze inutili, che ci trascinano in basso, sempre più in basso, senza ritorno.

E allora lasciamo liberi i nostri bambini, apriamo gli scantinati, i bauli, rompiamo i lucchetti e lasciamo che questi teneri folletti danzino leggeri come falene, alla luce della gioia, che ridano felici e beati, che corrano all’impazzata, che ci guardino con intelligenza e curiosità, che amino e sorridano con tutta la tenerezza loro propria, che ci osservino con la più grande fiducia del mondo. Lasciamoli finalmente andare, rispettosi di ciò che sono e niente più.

Scendiamo dal piedistallo della ragione, della razionalità più fredda, produttrice e calcolatrice, prigioniera di sé stessa in un destino incrostato di convinzioni vuote e di un castello dorato, immenso e pieno di solitudine.

Non lasciamoci accecare dal suono dell’adultità sterile e giochiamo col bambino che risiede in noi!

Liberiamo il nostro bambino e lui ……..  sprigionerà allegria e lui ……… si aprirà agli altri bambini e lui ………… compirà delle vere magie.

Grazie a tutti e buon incontro.

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6 dicembre 2011 2 06 /12 /dicembre /2011 15:36

A Spasso con la Paura

 

Noi due insieme

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Sabrina Costantini

 

 

Dedicato

 

Alla Bambina che

Risiede in Me

Con Me

Per Me

 

                                                                                                                              

Insieme per la Vita

 

Insieme con Gioia

Insieme con Amore

 

Alla Farfalla

Al Falco

Al Coniglietto

E allo Scoiattolo

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INDICE

Introduzione                                                                                                   p.    4

 

Capitolo I                   In Viaggio con la balena                                              p.    8

 

Capitolo II                  I custodi del fiore                                                          p.  15

 

Capitolo III                 A spasso con la Paura                                                  p.  23

 

Capitolo IV                L’altra faccia della paura                                                p.  31

 

Capitolo V                 Denti Neri                                                                       p.  38

 

Capitolo VI                Filo Verde                                                                       p.  46

 

Capitolo VII               Legami per la vita!                                                          p.  58

 

Capitolo VIII              Abbandoni                                                                      p.  75

 

Capitolo IX                Dichiarazione d’Amore                                                  p.  95

 

Capitolo X                 Ridere d’Abbondanza                                                    p. 105

 

Capitolo XI                Il seme Spaventoioso                                                    p. 115

 

Epilogo                                                                                                            p. 122

 

Bibliografia                                                                                                       p. 127


 

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3 dicembre 2011 6 03 /12 /dicembre /2011 14:32

Presentando …..

"A spasso con la paura"

 

Dott.sa Sabrina Costantini

 

 libro[1]

 

Prossimamente su questo blog vi presenterò a piccole dosi, il mio libro “ A spasso con la paura. Noi due insieme”.

Perché ve lo presento in questo luogo e in questa forma?

La storia è un po’ questa, qualche mese fa sentivo di avere delle cose da dire, ma non sapevo bene cosa, c’erano dei movimenti dentro me che non riuscivo ad identificare, tanto meno a darvi una forma. Poi ho deciso di mettere su carta e ho iniziato un viaggio, all’inizio vago, confuso ma poi piano piano ha preso una connotazione, poi ne ha presa un’altra e ha trovato il suo naturale percorso.

In pochi mesi ho concluso questa narrazione. Non so bene cosa ne sia venuto fuori, indubbiamente è qualcosa di diverso dagli articoli o dalle storie che ogni tanto scrivo.

A Spasso con la paura ha come oggetto principale la relazione con noi stessi, col nostro bambino interiore, una sorta di elogio al nostro bambino, ma ancora di più una via per imparare ad accettare e accompagnare questo nostro esserino nel mondo, per prenderlo per mano e condurlo oltre la paura. Quella paura che ci attanaglia ogni giorno, per i motivi più disparati, dai piccoli ai grandi, dai bruscoli ai macigni, da motivi oggettivi e visibili a quelli soggettivi, interni, invisibili talvolta.

Noi due insieme si riferisce proprio al bambino, al percorso compiuto insieme dall’adulto e dal bambino appunto, nella vita attraverso la paura. Anzi, se proprio vogliamo specificare ulteriormente possiamo dire che la paura è la vera compagna del bambino, insieme alla gioia e alla spontaneità, perché è lui che più di ogni altro vive il terrore di affrontare eventi per lui troppo grandi, di non essere capace, di non essere bravo, all’altezza delle aspettative, ecc. Il nostro adulto deve imparare non a sopprimere il bambino, ma a sostenerlo, amarlo e a condurlo oltre la paura, verso la cura delle vecchie ferite, inflitte dal mondo, in direzione della realizzazione di sé e delle parti più spontanee, in sintonia dei propri bisogni.

Insomma è una sorta di riflessione lungo il cammino della vita, che ci mostra mille realtà, mille emozioni, prove, situazioni, dolori. Rappresenta il tentativo di mostrare che la paura costituisce non una debolezza ma una forza, una via per incontrare noi stessi. Per cui, questo mio scritto vuol ricordarci di non scappare da essa, ma di percorrerla, di andare pari passo con essa, tenendola per mano, rendendola nostra amica e compagna di viaggio.

Questo percorso, questo mio intento è stato portato avanti, utilizzando delle storie, per bambini e per adulti, ma anche pezzi di storie vere, vissute concretamente. Rappresenta un insieme di riflessioni con me stessa e con chi ha voglia di ascoltarle.

Perché questo libro non ha preso una forma editoriale?

C’ho provato e ho avuto molte risposte in questo senso. Proposte di autofinanziamento, proposte senza contributo di autofinanziamento, proposte diverse e variegate. Mille parole seduttive, venditrici, più o meno veritiere. Ma alla fine, non ho accettato nessuna di queste.

Il fatto è che io non ho bisogno di pubblicare a tutti i costi, non mi serve a nulla dire di aver pubblicato un libro. Mi interessa condividere alcuni temi con voi e niente più, ma non certo in questo modo, non a qualsiasi condizione.

Tutte queste proposte mi hanno fatto capire che ciò che scrivi non interessa a nessuno, basta pagare in modo diretto o indiretto e ciò che scrivi verrà pubblicato, buono o cattivo che sia. Onestamente avrei preferito una critica o un rifiuto, piuttosto che un’accettazione incondizionata. Mi ha fatto vedere ancora di più che vari libri non sono un granché e la pubblicazione non è una garanzia. Mah, speriamo che sia così, solo per una piccola fetta di essi.

Per quel che mi riguarda, non amando molto i compromessi, ho deciso di proporre A spasso con la paura nel mio blog. Non sono una scrittrice, per cui lo stile non è certo piacevole e scorrevole come i romanzi che siete abituati a leggere, non è neanche un libro tecnico, è un pezzo di strada raccontata e condivisa.

Per cui, non mi dilungo oltre, mi auguro che qualcuno riesca a condividerlo con me, a comprenderlo e soprattutto che possa essere d’aiuto, possa costituire uno spunto di riflessione. Chiunque voglia poi condividere le sue riflessioni, considerazioni e valutazioni, è ben accetto (inviatemele pure a sabrina.costantini1@tin.it).

 

Buona lettura! E …. speriamo che sia buona!

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